La “caduta” degli scampi del Quarnero
FIUME. Scampi in continuo calo, buoni invece i risultati per il nasello, la specie economicamente più importante per i pescherecci con reti a strascico. È quanto concluso da uno dei massimi esperti in materia, il dottor Nedo Vrgoc dell’Istituto oceanografia e pesca di Spalato, che da anni svolge ricerche per capire lo stato di salute delle specie ittiche in Adriatico. Secondo l’apprezzato studioso, la specie più remunerativa delle strascicanti, lo scampo, è sempre meno presente nelle reti, trend cominciato nell’ormai lontano 1996.
Due le cause: l’ipersfruttamento di questi ultimi decenni e l’abitudine di questo crostaceo nel vivere in acque più fredde, come nella Fossa di Pomo e nei canali dell’Adriatico settentrionale. Il riscaldamento globale del mare ha contribuito al suo ritiro da diversi fondali e ad un generale impoverimento della specie. Va molto meglio per il nasello, la cui biomassa si sta riprendendo, situazione confermata anche nel 2012. «Siamo comunque ancora lontani da certe annate, in cui venivano messi a pagliolo migliaia di tonnellate di nasello», ha precisato Vrgoc, ponendo pure l’accento sulla rarefazione di due specie che un tempo erano ai primi posti nella graduatoria dei bottini delle strascicanti. Si tratta della razza e del pesce San Pietro, attualmente in 19.esima e 24.esima posizione, mentre in passato occupavano la terza e quarta piazza.
Vrgoc si è soffermato sui risultati dello studio concernente la zona di pesca E, comprendente Quarnero, Quarnerolo, Golfo di Fiume, Canale del Velebit (Alpi Bebie) e Mare di Puntadura (Vir). È un’area di 5 mila e 500 chilometri quadrati, dove i pescherecci a strascico sono 190, con un bottino medio di 450-500 tonnellate all’anno. Parliamo del 10/12 per cento del pescato nazionale. Particolarmente interessante per l’esperto è il canale velebitano, dove il divieto di pesca per le strascicanti è in vigore dal 1998. «Nei primi anni di fermopesca la biomassa ittica è aumentata considerevolmente, mentre dal 2004 abbiamo assistito ad una preoccupante contrazione. L’anno scorso c’è stata una lieve ripresa ma siamo ancora lontani dal poter affermare che le acque del canale del Velebit sono guarite». Secondo Vrgoc la situazione è di gran lunga migliore nella zona G, riguardante i canali della Dalmazia centrale, dove le attività alieutiche sono regolate da provvedimenti rigorosi e rivelatisi vincenti.
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