La Bosnia ridà la vittoria ai nazionalisti
È servito quasi un giorno intero, una notte e una mattinata di attesa, polemiche, attacchi reciproci tra le forze politiche in gara, speculazioni. Ma alla fine, con enorme ritardo, la Bosnia ha potuto conoscere ieri pomeriggio i risultati ufficiali, ma non ancora definitivi, delle fondamentali elezioni generali di domenica.
Il verdetto, abbastanza chiaro. Oltre all’astensionismo (affluenza aggiornata al 54%, -2% rispetto al 2010), hanno vinto i soliti noti, i candidati nazionalisti, uomini e partiti che hanno governato la nazione negli ultimi vent’anni, con scarsi risultati. Unico neo, per l’élite politica della Republika Srpska, la probabilissima sconfitta di Zeljka Cvijanovic, premier della Rs e punta di diamante del partito dell’ultranazionalista Milorad Dodik, nella competizione per la poltrona serba alla presidenza tripartita.
E ora, i numeri, basati sullo spoglio di poco più del 90% delle schede elettorali. E le prime certezze. Certezza come quella della vittoria di Bakir Izetbegovic, leader del Partito di azione democratica (Sda) che, come suo padre, Alija Izetbegovic, è riuscito a farsi riconfermare dai votanti a membro musulmano della Presidenza tripartita. Per lui, oltre 226mila preferenze, il 32,7% del totale. Staccatissimo Fahrudin Radoncic (26,9%), politico e padrone dei media nazionali. Ancora più distante, col 15,2%, Emir Suljagic del Fronte democratico – formazione multietnica nata da una scissione dell’Sdp - sopravvissuto a Srebrenica, sincero democratico e fautore di uno Stato laico e del superamento degli steccati interetnici.
I primi auguri ricevuti da Izetbegovic per la rielezione? Da Erdogan. Anche per la poltrona del membro croato vittoria di una vecchia conoscenza, Dragan Covic (Hdz BiH), leader storico dell’Unione democratica croata della Bosnia, strenuo propugnatore della creazione di una terza entità per i croati, già membro della Presidenza, rimosso dall’ufficio dall’allora Alto Rappresentante, Paddy Ashdown, perché sotto inchiesta per abuso d’ufficio. Covic che ha ottenuto il 52,4% dei consensi, sconfiggendo il suo sfidante più accreditato e più moderato, Martin Raguz (Hdz 1990).
Rimane invece dubbio il risultato finale dell’elezione del membro serbo della presidenza tripartita, la gara finora più intrigante. E qui è arrivata qualche sorpresa. La candidata di Dodik, la premier serbo-bosniaco Cvijanovic (Alleanza dei Social Democratici Indipendenti, Snsd) è data per perdente, col 48,1%, rispetto a Mladen Ivanic (48,3%), leader del Partito del progresso democratico (Pdp), ex premier in Rs e già ministro degli Esteri bosniaco. La differenza tra Cvijanovic e Ivanic è però ridottissima, un migliaio di voti. Meglio aspettare prima di cantar vittoria.
Ma il vantaggio, e la probabile affermazione di Ivanic, deve comunque inquietare non poco il presidente serbo-bosniaco Dodik, aperto sostenitore della dissoluzione della Bosnia-Erzegovina. Il suo regno scricchiola? Non ancora, anche se lo stesso Dodik ha ammesso di non capire «come i serbi» abbiano potuto votare per Ivanic, «sostenuto dai musulmani e dalla comunità internazionale», per il leader serbo- bosniaco l’impersonificazione del male. Serbi che però hanno appoggiato anche Dodik che, malgrado le voci circolate domenica sera, è destinato a mantenere la poltrona di presidente della Republika Srpska.
Dodik che prevale (47,1%) senza trionfare sull’avversario Ognjen Tadic (45,1%). Per l’Assemblea della Republika Srpska, in testa sempre l’Snsd (33%), ma non è detto, vista la buona prova delle opposizioni, che il partito riesca a governare. Per quanto riguarda infine il parlamento centrale, vince l’Sda di Izetbegovic, bene il Fronte Democratico e l’Sbb di Radoncic, l’Hdz Bih, l’Snsd e l’Sds, il Partito democratico serbo, male l’Sdp di Lagumdzija. E le forze politiche che hanno condotto la Bosnia all’impasse politico ed economico trionfano di nuovo.
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