La battaglia dei grattacieli nella Gorizia degli anni ’50
Cinquant’anni fa, a Gorizia grattacieli come funghi. Il primo, “Martini” dal nome del costruttore, sorse in via Roma tra il 1954 e il 1961, dapprima con un progetto da undici piani dell’architetto...

Cinquant’anni fa, a Gorizia grattacieli come funghi. Il primo, “Martini” dal nome del costruttore, sorse in via Roma tra il 1954 e il 1961, dapprima con un progetto da undici piani dell’architetto Giordano Malni ma diniegato dalla Soprintendenza per il vincolo imposto in quegli anni a rispetto della chiesa di Sant’Ignazio, poi nel 1958 con un nuovo progetto invece approvato di soli otto piani e disegnato dall’ingegnere Sergio Fornasir, che raggiungerà i dieci con una variante successiva.
Nel secondo dopoguerra, con l’attività edilizia in forte espansione, nel giro di pochi anni crescono parecchie torri, spesso contestate perché stridenti con le basse case circostanti e realizzate senza un preciso criterio programmatorio data l’assenza di un piano regolatore che ne disciplinasse la collocazione: tredici i piani del grattacielo “Grapulin” in corso Verdi di fronte ai Giardini pubblici, dieci in corso Italia a fianco del Teatro Verdi dove si trovava la Banca Nazionale del Lavoro, undici per il grattacielo “Donati” progettato da Giordano Malni nel 1954 in corso Italia 79, tredici per il condominio “Ansiver” progettato da Renato Fornasari di fronte al Parco.
Nel frattempo anche Nova Gorica ambisce tale tipologia edilizia, considerata anche in Slovenia simbolo di “modernità” specialmente dopo il Neboticnik di Lubiana eretto nel 1933, allora tra i più alti d’Europa, e nel 1965 costruisce proprio di fronte al Municipio i quattordici piani della torre razionalista dell’architetto lubianese Strmecki.
In questa guerra a chi lo aveva più alto, si inserisce la ditta di Remo Caselgrandi con il complesso edilizio lungo la via De Gasperi progettato dall’ingegnere romano Giorgio Bruschi tecnico di fiducia dell’impresa, con la previsione di ben diciotto piani nel corpo centrale, ridotti però a sette dalla Soprintendenza, anche in questo caso per un vincolo imposto al rispetto del Palazzo comunale. A commento della vicenda, nell’ottobre del 1964, apparve sulla rivista “Vita sociale” un articolo dal titolo inequivocabile “Gorizia ha perso il primo round nella battaglia delle torri”.
Nella contesa edilizia si inserisce il progetto nell’immagine recentemente rinvenuto, per la costruzione di quattordici piani in via Garibaldi, sullo spazio ottenuto dalla demolizione dell’edificio di fronte alla via Morelli, di proprietà di Giovanni Bigot che nello stabile esercitava l’attività commerciale. La tipologia architettonica dell’edificio fa ritenere che il progettista fosse lo stesso ingegnere Bruschi, forse in compartecipazione con la ditta Caselgrandi.
Altre notizie potrebbero emergere dall’archivio oggi in possesso degli eredi Bigot, auspicando la pubblica consultazione dei documenti mediante deposito presso l’Archivio di Stato o quello della Biblioteca Isontina. Molte e importanti furono le vicende che coinvolsero in quegli anni Giovanni Bigot nella vita cittadina, non per nulla Gorizia ha intitolato al suo nome il Palazzetto dello Sport.
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