La “Barellai” di Udine entra il lizza per l’Ospizio marino di Grado
UDINE. L’istituto Barellai è pronto a rilevare l’Ospizio Marino di Grado dopo il crollo finanziario. Ma la Regione è impegnata nelle trattative con le cooperative, mentre la Srl aspetta una risposta. Dopo anni tutto è ancora fermo. L’amministratore della società, il triestino Claudio Riccobon, annuncia l’intenzione di rilevare la clinica e di riaprirla alle cure senza alcun onere per la collettività. «L’Ospizio Marino è ancora chiuso e in stato di progressiva fatiscenza, i pazienti disabili sono privi di terapie, i lavoratori sono in stato di disoccupazione. Il tutto, mentre da mesi esiste un’offerta per far ripartire, potenziandola, l’attività, in tempi che potrebbero essere certi e con standard di qualità migliori rispetto al vecchio assetto dell’Ospizio Marino, e – cosa non da poco - senza necessità di alcun contributo da parte della collettività. Una situazione che ha dell’incredibile».
Claudio Riccobon, amministratore della Istituto Barellai Srl, ha formalizzato l’offerta. «Dal luglio 2010 – prosegue Riccobon - quando l’Ospizio Marino fu chiuso proprio mentre l’Istituto Barellai lo doveva rilevare in forza di un contratto di affitto, la storica struttura gradese è caduta in uno stato di progressivo abbandono, e oggi si trova in una situazione tale che una ristrutturazione sarebbe antieconomica. Infatti, la Confcooperative, che avrebbe dovuto rilevare l’Ospizio e farlo ripartire, è, per sua stessa ammissione, ancora alle prese con un piano economico-gestionale in grado di reggere nel tempo. Piano che tra l’altro, se anche andasse in porto, costerebbe alle casse pubbliche un milione e mezzo di euro».
Cosa propone invece la Barellai Srl, società che conta tra l’altro sulle competenze maturate in campo sanitario, e riabilitativo in particolare, della Casa di Cura Città di Udine?
«La nostra proposta – spiega Riccobon – è di acquisire lo stabile dell’ex clinica Sant’Eufemia, lasciando alle banche, quale parziale ma sostanzioso ristoro del loro credito, lo stabile del vecchio Ospizio. Gli spazi della clinica verrebbero riconvertiti così da renderli conformi ai requisiti previsti per l’attività ambulatoriale e di degenza riabilitativa, con maggior comfort rispetto all’assetto del vecchio Ospizio, talché la struttura incrementerebbe la sua capacità di attrarre i pazienti da fuori regione». Secondo il nuovo progetto, stanze di degenza a due letti con bagno privato (nel vecchio Ospizio le stanze sono a tre o più letti, con bagni in comune) verrebbero ricavate dalle attuali sale operatorie, per un totale di 74 posti letto. La zona attualmente occupata dalle diagnostiche e dagli ambulatori sarebbe riconvertita in area fisioterapica a secco (palestre e box) e in acqua (da svolgersi in vasche, ma anche in una piscina da alimentarsi con acqua di mare mediante il posizionamento di un tubo con flangia). Altri spazi sarebbero dedicati agli ambulatori e alle aree di supporto e di socializzazione. Il tempo tecnico (cioè di puro lavoro edile-impiantistico) richiesto per tali interventi è di circa 5/6 mesi. «Il tutto, senza alcuna richiesta di contributi, neppure quel milione e mezzo di euro che per l’ipotesi Cooperative risulta invece fondamentale. Questa è la nostra proposta. L’unica, vera e concreta proposta attualmente esistente – commenta Riccobon –. Ci sembra doveroso che l’opinione pubblica, malati e operatori sanitari in primis, sappia che, a fronte della perdurante impasse nella quale si trova l’Ospizio Marino, a fronte della impossibilità, per i malati, di curarsi, a fronte dello stato di disoccupazione delle maestranze, l’alternativa esiste, è praticabile, e non costa nulla alla collettività. L’attività avrebbe già potuto essere riavviata da mesi, e con sé l’indotto che un polo sanitario come quello prospettato dalla Barellai Srl avrebbe sicuramente creato. A questo punto – conclude Riccobon – vorremmo almeno una risposta alla nostra domanda: ma perché la Regione dialoga solo con le Cooperative?».
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