Kebab e Phone-center: Monfalcone sempre più “global”

La Lega Nord invoca uno stop alla deregulation sul commercio Per il Pd non serve il populismo, ma iniziative per riqualificare il centro
Altran Mf-inaugurazione negozio bengalese
Altran Mf-inaugurazione negozio bengalese

Spuntano come funghi in ogni angolo del centro. Sono kebab, Phone-center e Internet point: in due parole i “negozi etnici”, per i quali Matteo Renzi, sindaco-rottamatore del Pd, ha congelato nella sua Firenze la concessione di nuove licenze. A Monfalcone invece le limitazioni del commercio battente bandiera indiana o cinese non si sono mai viste. E così la città ha cambiato volto, il suo cuore storico è diventato sempre più multietnico. Ne è esempio via Sant’Ambrogio, ribattezzata dalla Lega Nord “bangla street”. Dove, contando anche un nuovo Call-center nell'attigua piazzetta Unità, al posto dellagenzia viaggi Universal, un negozio su 4 risulta intestato o gestito da immigrati. Sulla questione il Pd ha idee chiare: non si può porre ostacolo alla libera concorrenza. Ma proprio quella che dai leghisti viene definita come un'«intollerabile deregulation», la proliferazione di negozi etnici, è stata fonte d’ispirazione del famoso emendamento alla normativa europea andato in discussione l'altro giorno in Consiglio regionale, quando proprio due politici monfalconesi, Federico Razzini (Ln) e Giorgio Brandolin (Pd), se le sono dette di santa ragione, con tanto di accusa, del centrosinistra, di predicare regole per poi mangiare di straforo kebab. «Una insinuazione – dice il leghista -, che ha scatenato la mia indignazione, poiché non sopporto neppure l'odore di quella cucina. È stato un modo per banalizzare una questione importante: la volontà della Regione di far prevalere gli aspetti di tutela urbanistico-paesaggistica del territorio rispetto alle norme in materia commerciale. Parliamoci chiaro: non lasci impiantare 20 Phone-center e kebab in piazza Unità a Trieste, perché a Monfalcone sì? La nostra è una città dove la deregulation ha portato al degrado e alla progressiva eliminazione delle attività commerciali e artigianali locali». «Il Comune – conclude Razzini – ha rifiutato di esercitare le sue competenze e il centro è ora solo una sequela di alimentari multietnici, negozi cinesi, compro-oro e slot. Si è fatto un danno irreparabile al tessuto socio-economico e i cittadini, che non hanno il prosciutto dell'ideologisimo sugli occhi, se ne stanno rendendo conto. Io non ho nulla contro i cibi esotici,ma la colonizzazione in stile bangla street va scongiurata: ci vogliono regole». Non la pensa così Brandolin: «Mi vergogno di quanto avvenuto in Regione con la votazione dell'emendamento, e non mi voglio arrabbiare col buon Razzini, tuttavia non si può ignorare che questo tipo d’attività hanno un seguito e stanno in piedi, indipendentemente da chi le gestisce. È sbagliato non vedere che la globalizzazione esiste anche in città». «Naturalmente però – prosegue – ci deve essere l'attenzione dell'amministrazione locale su quanto avviene sul territorio, sempre tenendo in considerazione gli strumenti esistenti, inquadrati in campo legislativo europeo, dai quali non si può prescindere. A Monfalcone i cittadini si possono riappropriare estendendo l'area pedonale, sulla scia di Gorizia, Udine e Trieste e avviando iniziative pubbliche, come l'arredo dignitoso, e private in grado di attrarre le persone. La Lega è populista: bandire le attività che non sono architettonicamente, storicamente o urbanisticamente congrue al territorio, significa togliere anche il McDonald's, le rivendite di Coca-cola e le pizzerie».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:kebabetnie

Riproduzione riservata © Il Piccolo