Jihadisti in Siria, perquisizioni a Nordest
Cinque perquisizioni, cinque computer sequestrati insieme a una montagna di carte. Tutto per cercare di chiarire qual è il filo che lega quest’area del Nordest all’Isis e alla jihad in Siria. I carabinieri del Ros di Padova ieri mattina hanno fatto irruzione in cinque abitazioni tra le province di Belluno e Pordenone. L’indagine è quella che ruota attorno a Ismar Mesinovic, il bosniaco bellunese morto in Siria. Nel fascicolo di indagine della Procura Distrettuale l’ipotesi di reato sarebbe quella di arruolamento con finalità di terrorismo.
Perquisizioni all’alba
Gli investigatori, guidati dal tenente colonnello Paolo Storoni, sono entrati nelle abitazioni di Ismar Mesinovic a Ponte nelle Alpi, in quella del macedone ventiseienne Munifer Karamaleski in via del Cansilio a Chies d’Alpago e a Longarone da Pierangelo Pierobon, venticinquenne bellunese convertito all’Islam (ma attualmente non indagato nell’ambito dell’inchiesta). Si sono spinti anche fino ad Azzano Decimo e sono entrati nelle abitazioni di O.A., 28 anni e V.A., 36 anni. Hanno sequestrato documenti sia cartacei che informatici che potrebbero essere in grado di chiarire i rapporti con Husein Bilal Bosnic, 41 anni, il predicatore islamico conosciuto anche in mezza Italia per aver inneggiato alla guerra santa e (forse) arruolato volontari.
L’indagine
La procura distrettuale di Venezia sta lavorando attorno a una manciata di musulmani provenienti da alcuni Paesi balcanici, soprattutto bosniaci, che avrebbero indotto l’imbianchino residente a Belluno Ismar Mesinovic, nato a Doboj (Bosnia) il 22 agosto 1977 e morto in Siria nei primi giorni del gennaio (tra il 4 e il 6 gennaio), ad abbracciare la causa del terrorismo islamico, fenomeno che sta allertando i servizi di sicurezza di mezzo mondo a causa dell'avanzata dell’Is. Gli indagati sono cinque: tutti compresi tra le province di Treviso, Belluno e Pordenone. Tra questi anche l’imam estremista Adhan Bilal Bosnic, che negli anni scorsi ha predicato anche in provincia di Pordenone. L’indagine è iniziata lo scorso gennaio dalla denuncia di Lidia Herrera Solano, 34 anni, residente nel Bellunese, madre del piccolo Ismail Davud, nato a Belluno il 4 settembre 2011, figlio anche del bosniaco descritto fino a pochi mesi prima della fuga come persona assolutamente tranquillo e del tutto estranea al fanatismo religioso.
I proseliti
San Fior, Orsago, Conegliano e Vittorio Veneto: il lembo di provincia di Treviso che sta al confine con quella di Belluno e Pordenone. È dentro a questo quadrilatero che si incontravano i bosniaci musulmani amici di Ismar Mesinovic che gli avrebbero parlato del dovere di partecipare al jihad. È nei locali pubblici e nelle case private dei bosniaci residenti in questa zona che sarebbe maturata la decisione di andare in Siria, durante le feste natalizie.
L’imbianchino e l’imam
È infine in uno di questi paesini che l'imbianchino bosniaco di Longarone avrebbe incontrato l'imam Bilal Bosnic. Un imam radicale capace di dire: «Ogni musulmano deve sostenere la jihad insegnando, lottando o finanziando. Noi musulmani crediamo che un giorno il mondo intero sarà uno Stato islamico. Anche il Vaticano sarà musulmano».
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