Jansa: Slovenia apripista per i Balcani
Dopo Schengen l’impegno a normalizzare la situazione in Kosovo e Serbia
TRIESTE
Di certo non se lo aspettava nemmeno lui. Sedici anni fa era in mimetica con la pistola alla cintola a lottare come ministro della Difesa per l’indipendenza della Slovenia. Oggi, vestito grigio, qualche ruga in più, gli occhi lucidi per l’emozione è il protagonista dell’apoteosi europea del suo Paese. Janez Jansa, da primo ministro ha solennemente sancito ieri a Rabuiese la caduta dei confini tra Italia e Slovenia e ha assunto dalle mani portoghesi la presidenza dell’Ue per il prossimo semestre.
E quella commozione che non riesce a celare lo spinge a ricordare la storia della sua generazione «una storia - dice - che per alcuni forse ha vissuto anche troppi cambiamenti». «Oggi si avvera qualcosa - prosegue - che 15 anni fa non osavamo neppure sognare». «Oggi cadono i confini fisici, ma solo 20 anni fa lungo quegli stessi confini, con l’Italia, l’Austria e l’Ungheria i soldati dell’allora Jugoslavia sparavano e uccidevano chi voleva scappare verso la libertà e la democrazia dell’Occidente. Solo 20 anni fa eri considerato sospetto se su questo stesso confine ti trovavano in tasca un libro proibito che parlava di democrazia o che criticava l’allora regime jugoslavo. Ed eri considerato sospetto se cercavi di portare con te in Jugoslavia un personal computer. Tutte cose che i giovani d’oggi non riescono neppure a immaginare». Ma sono tutte cose, e qui sta il messaggio del premier, che la Slovenia è riuscita a cambiare uscendo dall’inferno balcanico degli anni Novanta.
Insomma, coniugando i principi europei si diventa europei. Il messaggio va soprattutto ai Balcani sud-orientali ancora immersi nel magma sommerso dei nazionalismi. Jansa ricorda quindi la cosiddetta «primavera dei popoli», la caduta del muro di Berlino, la «primavera slovena» e il disfacimento della Jugoslavia. «Domani (oggi ndr.) - prosegue Jansa - si celebrerà il 17mo anniversario del plebiscito con cui oltre il 90% del popolo sloveno ha sancito la propria indipendenza». Poi il premier ripercorre i momenti della guerra e dell’aggressione subita dalla Slovenia per mano dell’Armata federale jugoslava per il controllo dei confini settentrionali e occidentali. «Ci sono stati dei morti - racconta - ma poi è seguito il riconoscimento internazionale della Slovenia» e poi ancora un veloce crescendo con l’ingresso nell’Ue, nella Nato e adesso nell’area Schengen, «un luogo - lo definisce - di maggiore libertà e sicurezza».
Il pensiero va anche alle minoranze. «È giunto il tempo per gli sloveni in Italia e per gli italiani in Slovenia - dice Jansa - di una vita senza più confini che li dividono dalle rispettive nazioni madre. Si presentano nuove opportunità che dobbiamo saper cogliere tutti assieme nel modo migliore». E da qui in avanti Jansa comincia già a ragionare da presidente dell’Ue. «Il processo di allargamento dell’Unione europea come terra di libertà e sicurezza - spiega - non è ancora concluso. L’Ue continuerà ad ampliare i suoi confini e così si amplierà anche l’area Schengen». «La premessa fondamentale a tutto ciò però - avvisa - è la stabilizzazione dei Balcani orientali ed è proprio su questo tema che la presidenza Ue della Slovenia dovrà affrontare una delle sue sfide più importanti e difficili».
Lui non la cita mai, ma è chiaro il riferimento alla pesante crisi in atto tra il Kosovo che vuole l’indipendenza e la Serbia che non vuole perdere la sovranità sull’ex provincia autonoma jugoslava. Jansa però non ha dubbi: «Ci sono moltissime ragioni per le quali possiamo dire che oggi è una giornata storica, ma il suo vero significato sarà svelato solo nel futuro». I suoi ringraziamenti, ed ecco il passato che ritorna, il premier li riserva ai poliziotti sloveni e ai membri della Difesa territoriale (l’embrione da cui nacque successivamente l’Esercito sloveno) che nel giugno del 1991 hanno saputo difendere i confini e difendere così la sovranità della Slovenia. «Poliziotti - precisa - che dopo questi fatti per 17 anni sono stati in grado, grazie anche alla collaborazione dei colleghi italiani, austriaci e ungheresi, di rendere questi confini sicuri. È così che abbiamo iniziato a creare i presupposti per l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen».
Un ringraziamento Jansa lo ha riservato, infine, anche ai poliziotti e ai carabinieri italiani «per la corretta collaborazione offerta durante tutto questo tempo». «Grazie agli sforzi comuni - afferma - questo è stato un confine sicuro e amichevole. Insieme abbiamo costruito, avete costruito, tutti i presupposti perché oggi possiamo celebrare questo giorno in cui questo confine viene fisicamente abbattuto». «Questo non è più un confine - conclude quindi il premier parlando in italiano - ma una via verso il futuro con il cuore aperto e le menti libere. Grazie».
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