Janša sfida di nuovo l’Europa e guida il fronte anti-migranti

Il no ai corridoi umanitari del premier sloveno incassa l’appoggio di Orban e Kurz. La replica di Gentiloni
Mauro Manzin
Slovenian Prime Minister Janez Jansa speaks during a press conference after the presentation of the Slovenian Presidency at the European Parliament in Strasbourg, eastern France, Tuesday, July 6, 2021. (Christian Hartmannn, Pool Photo via AP)
Slovenian Prime Minister Janez Jansa speaks during a press conference after the presentation of the Slovenian Presidency at the European Parliament in Strasbourg, eastern France, Tuesday, July 6, 2021. (Christian Hartmannn, Pool Photo via AP)

LUBIANA I Paesi del cosiddetto Gruppo di Višegrad, ossia Polonia, Slovacchia, Cechia e Ungheria, con l’appoggio dell’Austria del cancelliere Sebastian Kurz e della presidenza di turno dell’Ue della Slovenia di Janez Janša, stanno per creare una profonda e pericolosa frattura all’interno dell’Unione europea. L’arma sfoderata nei giorni scorsi da Janša cui si sono uniti immediatamente Kurz e il magiaro Orban è l’accoglienza dei rifugiati dall’Afghanistan.

Ferma e sprezzante la dichiarazione di Janša, «niente corridoi umanitari non rifaremo l’errore del 2015» quando la cosiddetta rotta balcanica divenne un fiume in piena di migranti verso il centro e il nord Europa. «Se le donne possono organizzarsi e combattere contro i talebani in alcune parti dell’Afghanistan, così dovrebbero fare gli uomini. Non è compito dell’Ue o della Slovenia aiutare e pagare chiunque al mondo stia scappando, invece di combattere per la propria patria», ha concluso Janša sempre in un tweet.

La reazione degli altri Paesi Ue c’è stata, ma fino ad ora nessun intervento diretto del presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La replica più forte e, nello stesso tempo esemplificativa di quanto sta succedendo ai Ventisette, è quella del responsabile europeo dell’economia, Paolo Gentiloni. «L'Ue si tolga l'alibi dell'unanimità» e sull'accoglienza dei richiedenti asilo afgani prenda una «decisione a maggioranza», è stato l’appello dell’ex premier, ricordando che la direttiva sulla «protezione temporanea» prevede questa possibilità.

Ma decidere a maggioranza, questa volta, per i ribelli di Višegrad che hanno mandato Janša in avanscoperta non sarà una sconfitta (è chiaro che passerà la politica dell’accoglienza europea), segnerà invece ufficialmente che l’Ue non è unita, che ben sei Paesi non si identificano nella linea politica e diplomatica di Bruxelles. Paesi piccoli, ma c’è la Polonia alle prese con l’esodo dalla Bielorussia abilmente orchestrato e implementato dal dittatore Lukashenko. E proprio il Gruppo di Visegrad, insieme all’Austria, sarà presente in forma compatta al prossimo Forum strategico di Bled l’1 e 2 settembre, dove il tema sarà proprio il futuro dell’Europa.

Da rilevare, nella confusione che oramai regna sovrana nell’Ue, che un portavoce dell'Esecutivo comunitario con una nota ha corretto il tiro sul possibile voto a maggioranza sul tema dell’accoglienza dei migranti. «La Commissione ha proposto di abrogare la direttiva e di sostituirla con un nuovo regolamento, meglio concepito per affrontare i flussi di persone, non tutte ammissibili alla protezione internazionale», ha precisato. Regole però ancora tutte da scrivere. Un sintomo forse anche questo della lotta che si va consumando dietro le quinte europee.

Secondo fonti di Lubiana la presidenza slovena del Consiglio dell’Ue intende convocare domani una riunione degli ambasciatori a Bruxelles sul tema dell’Afghanistan. L’obiettivo è coordinare la risposta dell’Ue agli attuali sviluppi in Afghanistan anche sul fronte degli affari interni, a partire dal possibile impatto sulla migrazione, la cooperazione in materia di migrazione e l’assistenza ai principali Paesi vicini oltre alle questioni relative alla sicurezza. La presidenza slovena, dicono le fonti, punta a uno scambio di opinioni tra gli Stati membri per garantire una risposta comune dell’Ue.

Ma col passare delle ore, come in un tam tam, al “niet” di Janša si sono aggiunti Kurz e Orban. «Gli eventi in Afghanistan sono drammatici, ma non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. I profughi devono essere aiutati dagli Stati vicini», ha messo in guardia l'austriaco. «Proteggeremo l'Ungheria dalla crisi dei migranti», ha avvertito da parte sua l'ungherese.

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