Jacky, “montagna” di due metri dal cuore generoso e tenace
Lo scorso 28 gennaio King Roger ha vinto gli Australian Open, giocando divinamente, come solo lui sa fare. È il suo ventesimo titolo del Grande Slam. Quel giorno Federer, nato 37 anni fa a Basilea, ritornava ad essere il numero uno al mondo. Nessuno mai meglio di lui.
Quello stesso giorno, a Rotterdam in Olanda, Giacomo Dambrosi, detto Jacky, classe 2001, nato e cresciuto a Trieste, vince il torneo Itf under 18, per poi volare in Giappone a disputare le finali mondiali.
Nessun articolo sui giornali, nessun clamore. Ovviamente. Tuttavia la concomitanza dell’evento può non essere casuale e ci piacerebbe credere che sia davvero così. Un segno del destino. Un buon auspicio.
Certo è presto, anzi prestissimo, per poter immaginare che Giacomo possa essere in qualche modo il successore del suo mito, del mito di tutti noi. Ma perché limitare i sogni? Anche Roger Federer ha iniziato la sua carriera, lunga chilometri, con un passo. Un passo simile a quello fatto da Jaky in Olanda.
Eh sì, perché Jaky, come Roger, non è uno qualsiasi. Stiamo parlando di una “montagna” di 17 anni, alta 2 metri, che lancia la palla oltre la rete a 200 chilometri all’ora. Stiamo parlando di un ragazzo che ha respirato sport sin dal suo primo vagito.
Cresciuto in un ambiente familiare di sportivi; il nonno egregio portiere prima e tennista poi, il papà, anche lui, portiere ed eccellente tennista, la zia promettente tennista, la mamma insegnante di ginnastica e tralasciamo altri parenti vicini, canottieri, ciclisti, alpinisti etc. etc... insomma, le premesse sono davvero a suo favore.
Ma Giacomo Dambrosi ha una carta in più, che potrebbe fare la differenza e che, spesso nello sport, come nella vita, fa la differenza. Questa carta si chiama tenacia.
All’età di quattro anni stava giocando con il cuginetto coetaneo nel parco giochi nella pineta di Barcola. Il gioco consisteva nell’arrivare alla fine di una scala orizzontale, rimanendo sospesi ai pioli e muovendosi con la forza delle sole braccia. Il cuginetto, molto più esile e piccolo di lui attraversò la struttura senza problemi e si mise poi a giocare altrove.
Lui non ce la fece. Era troppo grande e pesante perché la sua muscolatura, non ancora sviluppata, potesse supportarlo. Ma non si diede per vinto. Non mollò. Tentò e ritentò l’attraversata fino a quando la portò a compimento. Allora soddisfatto mostrò le mani, con il sangue rappreso, allo zio che lo stava osservando in silenzio, attonito.
Questo è Giacomo Dambrosi: un cocktail di giusti ingredienti che possono farci davvero sognare.
La strada è lunga, piena di difficoltà, ci vorranno sacrifici di ogni sorta, ci vorrà anche la fortuna ma, come dice il nuotatore Domenico Fioravanti, se vuoi avere tutto dallo sport devi prima dargli tutto. E questo Jacky l’ha capito. Ce la sta mettendo tutta. Ora è a Bordighera ad allenarsi 8 ore al giorno. Non è facile come apparentemente può sembrare. Non è un mondo dorato.
È ancora giovanissimo, fragile. Gli manca la casa, gli mancano gli amici, gli mancano gli svaghi tipici di un ragazzo della sua età ma lotta ogni giorno per poter migliorare e superare i propri limiti, per arrivare in fondo a quella scala che sarà sempre più lunga e complicata. Si spera che possa sentire l’affetto di tutti coloro che lo sostengono e che gli vogliono bene, che possa trarne la forza necessaria.
Tobia Piatelli
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