«Iva aumentata, ritocchi ai listini di bar e ristoranti»
Giornata di lavoro intenso ieri per i commercianti triestini costretti ad adeguare scontrini, cartellini e registratori di cassa ai nuovi valori dell’Iva, aumentata dal 21 al 22%. Dai supermercati alle piccole botteghe, dai venditori d’auto fino ai negozianti di arredamento o di vestiti. Tutti, in solo giorno, hanno dovuto fare variazioni sui programmi di contabilità, cambiare i prezzi sugli scaffali e adeguare i registratori di cassa. Da ieri diesel e benzina, sigarette, abbigliamento e calzature, mobili ed elettrodomestici, computer, cellulari, articoli per la casa e l’igiene, caffè, alcolici e bevande costano di più all’origine. Ma anche giocattoli, fiori, automobili, palestre, cosmetici, parrucchieri e servizi di professionisti.
Per il momento però in città più di qualcuno, specialmente nel settore dell’abbigliamento, ha optato per non adeguare i prezzi della merce già esposta destinata a questa stagione. «Quasi tutti nel settore dell’abbigliamento hanno deciso di non far pesare subito l’aumento sui clienti, – dice Franco Rigutti, presidente regionale di Confcommercio - lo faremo, se non cambiano le cose, per la merce della prossima stagione». «L'aumento dell'Iva - ribadisce Confcommercio - riguarderà il 70% dei prodotti e costerà 207 euro annui a famiglia, portando consistenti rincari nel settore dell'abbigliamento (+81 euro), nell'acquisto di scarpe (+25 euro) e bevande alcoliche, vino compreso, e gassate (+12 euro)». Secondo l’organizzazione «l'incremento dell'Iva si tradurrà in una riduzione dei consumi dello 0,1% e andrà a incidere negativamente sulle spese del mese di dicembre e quindi delle festività, momento nel quale, invece, avrebbero potuto concretizzarsi finalmente gli auspicati segnali di ripresa»”.
«Abbiamo già messo in conto per ora una perdita netta dell’1 per cento», valuta Annalisa Godina, titolare dell’omonimo negozio di abbigliamento. Godina, come tutti gli altri in città, ha invece provveduto all’adeguamento del sistema informatico. «Quel punto di percentuale in più sull’Iva – spiega Godina – i miei clienti inizieranno a pagarlo dalla prossima stagione, quella per la primavera-estate che stiamo scegliendo ora dai campionari delle casa di moda».
Nei supermercati qualcuno ha già sistemato tutto, altri hanno deciso di attendere direttive dalla sede centrale. «Ce l’aspettavamo, eravamo pronti in attesa solo di un’eventuale retromarcia del Governo – afferma il direttore delle Cooperative Operaie Pier Paolo Della Valle - abbiamo adeguato i programmi di contabilità, le casse e i cartellini che indicano i prezzi accanto ai prodotti sui quali viene applicata l’Iva al 22 per cento». Bosco attende invece il nuovo prezzario dalla sede principale. «Già nella notte tra lunedì e martedì abbiamo adeguato i programmi di contabilità per l’emissione di fatture, – spiega Fabio Bosco, titolare dell’omonima catena di supermercati – ma per ritoccare i prezzi segnalati dai singoli cartelli sotto la merce esposta abbiamo deciso di attendere i prezzi imposti dalla Maxi, la casa madre a cui siamo affiliati».
Nel settore degli alimentari ci sono delle nette differenze che nel tempo non passeranno inosservate alle tasche dei consumatori. Se per l’acquisto di alcolici, caffè, acqua minerale o bibite gassate l’Iva passa dal 21 al 22 per cento, questo non avverrà per prodotti come pane, latte, pasta, riso, carne, frutta e verdura per i quali è l’imposta è diversa; ma si temono rincari a catena causa l’aumento dei costi di trasporto su gomma. E anche le famiglie triestine, specialmente le meno abbienti, a fine anno ne risentiranno. «Inevitabilmente, visto l’aumento dell’Iva per alcuni prodotti e servizi, - valuta Bruno Vesnaver, presidente della Fipe – andremo incontro a dei giustificati ritocchi sui listini di bar e ristoranti. I gestori andranno incontro a maggiori spese e i prezzi sui menù, in alcuni casi fermi da anni, dovranno subire degli aumenti». È possibile dunque che entro l’anno vedremo salire anche il prezzo del bicchiere di vino o della tazzina di caffè, di qualche piatto o del bicchiere di aranciata. «Alla fine per le aziende è solo un movimento finanziario – osserva il commercialista Marco Giamporcaro, - mentre a rimetterci alla lunga sarà sempre il consumatore».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo