«Itis compie 200 anni ma guarda al futuro E “chiama” i giovani a lavorare nell’istituto»
l’intervista
«Mancando la filantropia serve un’attenzione da parte degli organismi istituzionali a considerare il sociale come un investimento. Confidiamo molto in una buona interazione con la Regione per lavorare finalmente a una riforma di questo ambito». Aldo Pahor, presidente dell’Itis, lancia la sfida futura in occasione del compleanno dell’istituto che il 12 dicembre spegnerà ufficialmente le 200 candeline dalla fondazione, con un grande evento all’auditorium anticipato domani dal concerto di solisti del Verdi.
Presidente, il suo mandato si concluderà nel 2021, quali gli obiettivi da raggiungere?
L’Itis lavora per ridare dignità alle persone che ospita, oggi Trieste deve esserne orgogliosa perché, anche grazie ai filantropi di 200 anni fa, abbiamo un edificio che è un dono prezioso e ci permette di far vivere i nostri residenti in un ambiente bello. Oltre a proseguire nell’apertura alla cittadinanza, che oggi può entrare a seguire eventi o anche a bere un caffè, voglio che Itis venga conosciuto e “usato” dai giovani che possano venire anche a lavorare in questo istituto. Lo dico perché c’è la possibilità di un lavoro dignitoso che riempie lo spirito grazie al rapporto che si crea con i nostri ospiti, che da sempre consideriamo una risorsa. In questo senso stiamo sviluppando un corso post diploma con l’Its Volta.
Cioè?
Non posso anticipare nulla, se non che riguarderà il rapporto tra la tecnologia e gli anziani. Per incentivare quello tra Itis e i giovani abbiamo anche tante scuole che vengono a trovarci e la collaborazione con il Collegio del Mondo Unito che dura da 30 anni.
L’istituto di via Pascoli è uno dei pochi dove ci sono gli assistenti sociali, che ruolo hanno?
Sono quattro che lavorano a contatto con i nostri ospiti, più due che si occupano del segretariato sociale dove le persone che chiedono di entrare in Itis vengono inquadrate e indirizzate nella residenza più idonea alle necessità. All’interno di Itis ci sono diversi settori che possono rispondere alle esigenze di tutti. Voglio anche ricordare i volontari che vengono selezionati attentamente proprio dagli assistenti sociali, e sono una risorsa importantissima che abbiamo festeggiato in questi giorni. Abbiamo anche 10 animatori che quotidianamente si occupano di creare eventi e momenti conviviali, 33 infermieri, 200 operatori, 11 fisioterapisti; tutte persone che si danno da fare con serietà e professionalità seguendo anche il centro diurno che ogni giorno ospita 100 anziani autonomi. Voglio poi ricordare che su 411 ospiti circa 340 sono su sedia a rotelle e il resto ha, spesso, una mobilità limitata.
Ci sono progetti in cantiere per adeguare l’accoglienza alle necessità di Trieste?
In città abbiamo il 30 per cento di ultra 65enni e quindi sappiamo che dobbiamo affrontare ogni giorno delle sfide. Crediamo molto nella collaborazione con le aziende triestine per creare, attraverso la tecnologia e quindi la domotica, degli ambienti dove possiamo rendere il più autonome possibile le persone. Sta partendo proprio in questi giorni a Milano un progetto da noi gestito, che prevede la nascita di un condominio che coniuga anziani e giovani. Nasce sulla base del condominio solidale di Trieste dove chi vi entra deve sottoscrivere un patto per condividere con gli altri residenti la vita aumentando il dialogo. Con i giovani diamo una risposta a quegli anziani che magari si sentono non sicuri o abbandonati, questo è un progetto che per noi è motivo di grande orgoglio.
Esisteva anche il portierato sociale, giusto?
Sì, solamente che con la cancellazione dei voucher non era più sostenibile. Ora stiamo cercando soluzioni nuove che possano consentirci di reintrodurre una figura molto apprezzata.
Altri progetti in cantiere? Stiamo lavorando molto al “cross care” per aiutare le famiglie, si tratta di un progetto importante, finanziato grazie a fondi Interreg con Veneto e Slovenia, attraverso il quale abbiamo creato dei punti di ascolto. —
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