Italicum in Fvg, il ritocco non garantisce il 7-6
TRIESTE. Il governo, e quindi la politica, deciderà per conto suo. Ma, a quanto filtra da Roma, la commissione tecnica che ha diviso l’Italia nei 100 collegi dell’Italicum non si oppone alla proposta di modifica per il Friuli Venezia Giulia che prima alla Camera e l’altra sera al Senato le commissioni Affari costituzionali hanno aggiunto, sotto di forma di parere (per quanto non vincolante), allo schema di decreto legislativo che attende ora l’ultimo via delibero dell’esecutivo. Tuttavia, da parte degli stessi tecnici, non manca un rilievo: non c’è alcuna garanzia che il collegio 2 in cui rientrano le province di Trieste e Gorizia riesca alla fine dei giochi, e quindi a urne aperte, a portare a casa 6 seggi contro i 7 del collegio 1. Il rischio di uno squilibrio, in sostanza, è ridotto ma non evapora del tutto.
Si poteva supporre che la commissione non digerisse l’intromissione della politica nel suo lavoro di suddivisione dei collegi. E invece le ultime novità che arrivano dal Fvg non preoccupano. «L’impianto tiene esattamente come prima», è quanto i tecnici osservano rispetto allo “scambio” tra collegio 2 e collegio 1, quello che ha visto il triestino Ettore Rosato, capogruppo Pd a Montecitorio, lavorare per cercare di evitare una sproporzione eccessiva tra i seggi alla Camera potenzialmente conquistabili da una parte e dall’altra: 8-5 a favore del collegio che unisce una parte dell’Udinese e l’intero Pordenonese, se non addirittura un clamoroso 9-4. Di qui, ferma restando l’unitarietà (nel collegio 2) dei 32 comuni della minoranza slovena, il “ritorno” al collegio 1 di Dogna, Pontebba e Resiutta (ma, sempre in Val Canale e Canal del Ferro, non di Tarvisio, Resia e Malborghetto - comuni con tutela della minoranza - cui si aggiunge Chiusaforte per omogeneità territoriale) in “cambio” della Bassa friulana. Un valzer che serve a riequilibrare la situazione di partenza: 75 comuni e 488.281 abitanti da una parte, 141 comuni e 730.704 abitanti da una parte, il quadro che spaventava la Venezia Giulia dato che le simulazioni parlavano appunto di un numero di seggi in meno rispetto al collegio 1 tra 3 e 5.
Ma, se il punto di vista tecnico dà il via libera all’incremento di popolazione nel collegio 2, sono ancora i tecnici ad avvertire: non è detto che la questione sia risolta. Si chiama “effetto flipper”. Concretamente si tratta di uno squilibrio che va sempre a favore del collegio più grande (che resta pur sempre quello con il numero 1). Nei collegi dell’Italicum vengono eletti in media 6-7 deputati ciascuno, ma il loro numero non dipende dai voti raccolti all’interno del collegio, bensì dalle percentuali su base nazionale. Il dato complessivo viene in sostanza proiettato sui singoli collegi con un algoritmo piuttosto complesso. Fatto che sta, al momento, dato che non è possibile sapere né il risultato dei piccoli partiti né la loro quantità, non è possibile avere certezze sul risultato finale e sulla conseguente assegnazione dei cosiddetti resti. E se è stato scongiurato il pericolo del 4-9 per Trieste e per Gorizia, non è per niente certo che si riesca a evitare il 5-8. Una conclusione che farebbe sembrare il parere fatto valere in commissione e trasmesso al governo nulla più che una vittoria di Pirro.
Per adesso non resta dunque che prendere atto della consonanza di vedute tra tecnica e politica. La modifica chiesta dal Pd triestino convince la commissione che ha partorito la suddivisione dei collegi. Anzi, la rafforza: «Inserire qualche comune da una parte o dall’altra per cercare di garantirsi un seggio in più o in meno è un aspetto politico, non certo di disegno. Un disegno che non viene scalfito». Quel che è certo è che alternative non ce n’erano. Impossibile, per questione di norme, costruire un collegio unico Fvg come invece si è fatto per il Trentino Alto Adige. Così come era impensabile tenere unita la provincia di Udine (perché Trieste e Gorizia da sole non avevano la popolazione per formare un collegio) e pure portare avanti la soluzione prospettata dalla Lega Nord: Udine da sola da una parte, Trieste, Gorizia e Pordenone dall’altra. In quest’ultimo caso sarebbe venuta meno la continuità territoriale (uno dei vincoli di partenza dell’Italicum), niente da fare.
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