Italiani, francesi, spagnoli, statunitensi riempiono Trieste «Stregati da un fascino internazionale senza tempo»
TRIESTE. Entrando in piazza Unità si è accolti da una musica latina: un’aria di tango, pizzicata alla chitarra classica, suonata da un musicista di strada.
É seduto per terra, in un fazzoletto d’ombra: vede passare turisti, famiglie, amici, ciclisti in mountain bike, coni gelato, occhiali da sole, kiway dai colori sgargianti. Seguendo la musica, entrando nella piazza e percorrendola tutta fino al mare, si ascoltando lingue da tutto il mondo: italiano, triestino, sloveno, croato, inglese americano e british, tedesco, spagnolo, francese. Lingue diverse che raccontano storie, s’intrecciano e si confondono in quella piazza aperta sul blu, che di lingue e di storie ne ha ascoltate all’infinito: un miscuglio di racconti, di ricerche e desideri.
Le Rive affollate
Lungo le Rive, affollate, affollatissime, si ritrovano tutti: viaggi e viaggiatori, triestini e stranieri, differenza forse non c’è.
«Trieste non è mai stata così bella» si sente tra le tante voci, di chi forse vi aveva già fatto tappa in uno dei suoi viaggi e ha scelto di farvi ritorno: difficile non innamorarsene. In queste giornate di festa, Trieste s‘è mostrata in tutta la sua nuda bellezza, quasi a ringraziare le migliaia di turisti che hanno scelto la «città azzurra» come meta delle loro vacanze di Pasqua.
Le navi
Una nave da crociera, la britannica “Azura”, riposa su molo dei Bersaglieri: è partita da Malta, è arrivata a Trieste, proseguirà il suo viaggio tra le acque dell’Adriatico meridionale, poi ancora il Mediterraneo, le isole, altre storie.
Da quella nave sono appena scesi Ether e Michael Jackson: «mi chiamo così davvero» dice lui ridendo, come prima cosa. Chissà quante volte ci avranno scherzato, su quel nome: tra i due c’è la complicità di una vita intera passata assieme. Ether e Michael sono partiti da Liverpool, nel Regno Unito: è la loro prima volta a Trieste. Non la prima in Italia, c’erano già stati anni prima: eppure la città per loro è una sorpresa, qualcosa di inatteso e insospettabile.
«É così diversa, così strana, così bella» fa Ether, guardandosi attorno: una mano sul viso a ripararsi dal sole, lo sguardo verso il blu, con qualche vela a largo a macchiarlo di bianco. In lontananza si riescono a scorgere perfino le Alpi, in cui l’orizzonte è solito chiudersi solo nelle giornate più limpide. I loro vestiti sono strani, colorati e ossimorici, quasi un cliché del turista d’oltralpe: bermuda perché è Pasqua, giacca a vento perché c’è la bora. Come loro, tanti altri hanno forse sbagliato il tiro nel far la valigia, tant’è che tra i tanti cappotti scuri e i maglioncini di lana, spunta e stona, ma fa sorridere, un parasole carolato e qualche camicia svolazzante.
La coppia inglese passeggia lungo le Rive, ammirando da lontano i crudi palazzi asburgici smorzati alla luce calda: sono quasi indecisi su quando immergersi nella città, quale traversa prendere e quale scorcio scoprire. Si arriva su Molo Audace: in principio c’è un camioncino bianco, con le scritte «gelati» e «granite» in vernice rosa.
Il molo e il gelato
C’è un via vai di turisti, di palline gusto fragola e stracciatella: Ferruccio Defanti e sua moglie Rotraud, della gelateria ”Zoldana”, parcheggiano quel loro camioncino lì ogni giorno o quasi, dal primo aprile fino a che il tempo è bello. Lo fanno da più di vent’anni, tradizione di famiglia: «di turisti ne abbiamo visti tanti, tantissimi, ma mai come in questi ultimi anni» racconta Ferruccio. E, forse, mai come in questi ultimi giorni: «è la prima vera Pasqua dopo tanto tempo» dice Rotraud, evocando appena, ma senza indugiarci troppo su, il pensiero degli ultimi tre anni di primavere mancate. I gelati di “Zoldana” colorano un po’ tutto il centro di Trieste: si ritrovano coni gusto limone o vaniglia in piazza Unità, in piazza della Borsa, nel Ghetto, lungo pure il Canale, che tanto fa freschetto e non si sciolgono poi così presto. Paul e Ruth Badger, anche loro appena scesi dalla nave, anche loro inglesi ma di Manchester, se ne gustano uno passeggiando senza pensieri: sono appena stati alla mostra di Banksy, nel Palazzo degli Incanti, e ora gironzolano per le viuzze del centro, in una mano il cono e nell’altra la guida turistica.
Il fascino internazionale
Paul e Ruth hanno la sensazione di trovarsi all’estero, non riescono bene a capire dove si trovano: «passeggiando per la città, sembra di cambiare nazione, o periodo storico» dicono tra il confuso e il divertito, abbandonando l’asburgica piazza e preparandosi a scoprire il castello medievale, su a San Giusto. Trieste è proprio questo: un miscuglio di bellezze e di storie, di lingue e di culture: «sembra di essere ovunque e da nessuna parte, qui ho sentito parlare in tutte le lingue del mondo».
C’è chi ha fatto un viaggio breve, come Teresa Kish dalla Croazia, che si perde ad ammirare l’anfiteatro romano: è la prima volta in città, per lei, per quanto viva a due passi da qui. Le chiedi come mai proprio ora, proprio oggi: «Perché è sempre una bella idea» risponde lei, con filosofia. Per altri, invece, il viaggio è stato più lungo, una vera odissea: porto sul mare, città senza confini e dalle mille e una lingue, in questi giorni di festa Trieste ha accolto anche loro, facendoli sentire nel posto giusto, e premiandoli con la sua «strana bellezza».
«C’è gentilezza in tutte le persone che incontriamo: tutti ci sorridono, ci fanno sentire a casa» raccontano Sanjeev e Kavita Iyer, arrivati da Saratoga, California. Da qui partiranno assieme alle figlie, un lungo giro in bici nell’Europa dell’est: intanto però si godono Trieste, la sua «scontrosa grazia», che è la sua gentilezza.
«E poi guarda il mare, sembra quasi l’oceano…»
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