Italia Marittima, salvataggio in extremis
Maneschi ha evitato il crac con i 50 milioni versati da Evergreen. Il consiglio di amministrazione dovrà approvare un bilancio consuntivo 2009 che prima di questo intervento segnava un rosso di 176 milioni di euro
Antonio Gurrieri e Marina Monassi
TRIESTE. Non è bastato prelevare le riserve di bilancio messe da parte in cinque anni, ma il fondo olandese Balsam Estate Bv proprietario di Italia Marittima e a propria volta controllato al 100 per cento dalla holding taiwanese Evergreen ha dovuto aggiungere altri 50 milioni di euro per ripianare le perdite dell’ex Lloyd Triestino. Il consiglio di amministrazione che si riunirà lunedì al Palazzo della marineria dovrà approvare un bilancio consuntivo 2009 che prima di questi interventi segnava un rosso di 240 milioni di dollari statunitensi, cioé 176 milioni di euro, in un clima che si preannuncia estremamente tempestoso perché il pericolo estremo che si palesa all’orizzonte è non il fallimento della società, bensì un clamoroso trasferimento dall’Italia.
«Ora la società ha i bilanci a posto - sostiene il presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi - e non c’è alcun pericolo che i libri debbano essere portati in tribunale. Le proiezioni danno un ritorno al pareggio di gestione a metà dell’anno. Esiste però un’incognita legata alla volubilità del mercato: è previsto infatti un aumento complessivo di stiva del 20 per cento rispetto all’anno scorso, mentre il traffico nell’area mediterraneo-europea non crescerà più del 5-6 per cento. Gli armatori che hanno continuato a ordinare navi inflazionando il mercato rischiano di trascinare nel gorgo anche tutti gli altri».
È il motivo per cui Italia Marittima ha chiesto dapprima alla Regione e poi al Governo di poter usufruire di aiuti sul tipo di quelli che altri Paesi hanno già attivato per agevolare le compagnie armatoriali (in Italia l’unica operante nell’ambito dei container è l’ex Lloyd Triestino) nell’accesso al credito. «Il Ministro dei Trasporti - riferisce Maneschi - si è fatto promotore di un emendamento legislativo ad hoc. Ora ci sono le elezioni regionali, contiamo che il provvedimento sia varato subito dopo. Sarebbe estremamente grave se ciò che è già stato fatto, ad esempio in Germania, in Francia e in Inghilterra qui non avvenisse - aggiunge il presidente di Italia marittima - perché significherebbe che al Governo di questo Paese stanno a cuore soltanto alcune e non tutte le categorie di imprenditori. E Evergreen che è un vettore globale deve porre le proprie basi dove le condizioni sono più favorevoli al suo sviluppo».
Qui si palesa il pericolo, sventagliato magari anche come arma di pressione sulle autorità politiche. Il gruppo taiwanese ha oggi quattro compagnie: Evergreen marine corporation a Taiwan, Evergreen Uk in Inghilterra, Evergreen Singapore nell’omonima città stato e Italia Marittima a Trieste. «Dappertutto le condizioni sono migliori che in Italia - specifica Maneschi - l’Inghilterra è come si sa un Paese estremamente avanzato nel campo marittimo, Singapore ha capito recentemente che è importante avere navi sotto la sua bandiera e ha legato la toner tax a crediti bancari estremamente vantaggiosi. Per il gruppo di Taiwan spostare una pedina non rappresenterebbe alcun problema soprattutto se ciò portasse vantaggi».
C'è una serie di situazioni però che àncorano Italia Marittima a Trieste e che non si esauriscono certo nella prosecuzione della storia ultracentenaria del glorioso Lloyd Triestino. «È cruciale - afferma ancora il presidente - avere una compagnia in un’area che per opinione condivisa degli analisti avrà un forte sviluppo di traffici negli ultimi anni oltretutto in un punto cruciale, qual è Trieste, per i collegamenti con l’Est Europa. Lo stesso progetto Unicredit - aggiunge - che si basa su studi autorevoli e approfonditi sta a confermare proprio questo. E sbaglia chi ritiene che quel progetto favorirà soprattutto Monfalcone perché la prima a beneficiarne sarà Trieste perlomeno finché non arriverà al milione e mezzo di teu».
Sono i motivi per cui il piano di trasloco da Trieste di Italia Marittima non è stato ancora progettato «sebbene siamo tutti consci - specifica Maneschi contribuendo a far tenere alta la soglia del pericolo - che è meglio prevenire le situazioni critiche, anche con molto anticipo». Per ora invece è addirittura confermato il futuro trasferimento in ambito cittadino: da Passeggio Sant’Andrea al Porto Vecchio. «A giugno saranno pronti i progetti esecutivi per tutti e cinque i magazzini che abbiamo in concessione - annuncia il presidente - se è pacifico che Evergreen Sud Europa non si farà mai più, è altrettanto vero che quella sarà la sede di Italia Marittima che semmai avrà ulteriori spazi». E al momento non rischiano nulla, secondo Maneschi, nemmeno i 180 dipendenti amministrativi a tempo indeterminato «perché non rappresentano un costo eccessivo per il gruppo».
«Anche la flotta - annuncia il presidente - intende mantenersi sulle attuali cinquanta unità, ma sei navi dovranno essere sostituite per cui a breve dovremo acquistarne altrettante, in particolare da 4.500 teu. Anche per utilizzarle sulla nuova linea diretta settimanale che dai primi di maggio collegherà la Corea e la Cina anche con il Molo Settimo, oltre che con Capodistria e Venezia. Per questo nuovo servizio - aggiunge - noi metteremo due navi, altre quattro saranno fornite dai coreani della Hiunday e della Hanjin e una settima da United arab shipping». Il nuovo servizio diretto dal Far East sarà infatti svolto in joint venture da queste quattro compagnie e andrà ad affiancarsi a quello oggi già esistente e curato dalla danese Maersk e dalla francese Cma-Cgm.
Il terminal triestino sta intanto rafforzando anche i servizi feeder e uno nuovo che collegherà Napoli e Gioia Tauro a Trieste gestito dalla compagnia di stato cinese Cosco e dalla società Cosulich di proprietà della storica famiglia di armatori lussignani partirà proprio nei prossimi giorni.
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