Istria, la cultura in campo contro il filo spinato

Già installata la barriera anti-migranti. I direttori di 13 musei statali di Slovenia e Croazia si appellano a Lubiana: «Via quel “muro”». Tremul (UI): ferita profonda

ZAGABRIA. Da Pirano a Fiume, dalla Slovenia alla Croazia, il mondo culturale dell'Istria scende in campo contro il muro “anti-migranti” di Miro Cerar che si sta srotolando fino al cuore della penisola. Tredici direttori di altrettanti musei e gallerie statali hanno inviato al primo ministro di Lubiana una lettera. Un appello sottoscritto dai rappresentanti della cultura di Pirano, Isola, Umago, Parenzo, Pola, Pisino e Fiume, che suona categorico: «Si tolga immediatamente il filo spinato che divide l'Istria».

Il primo firmatario è Franco Juri, a capo del Museo del mare di Pirano, secondo cui la barriera voluta dal governo sloveno è «una ferita al tessuto culturale istriano». «Questa lettera aperta è un'iniziativa comune tra i direttori di musei e gallerie dell'Istria sia slovena che croata. Persone che hanno l'abitudine di collaborare e che vogliono dimostrare come la cultura, qui, sia cosa comune», spiega Juri. Il filo spinato che da sabato taglia la penisola attraversando boschi e colline è «un duro colpo», carico di «un valore simbolico negativo» e capace di minare «il buon vicinato». «Questo muro causerà un danno allo sviluppo del turismo culturale - prosegue il direttore - ma è innanzitutto un atto sbagliato al quale abbiamo intenzione di reagire, come rappresentanti del mondo culturale prima ancora che come privati cittadini».

All'appello hanno risposto quasi tutti, dal Museo della Parenzana di Isola a quello civico di Fiume, passando per le Gallerie costiere di Pirano e per il museo archeologico dell'Istria a Pola. Tra gli assenti figura il museo di Capodistria, su cui - secondo Juri - sono pesate «le pressioni del Comune, affinché non firmasse».

Pirano invece non nasconde la propria contrarietà alle mosse del governo: il sindaco Peter Bossman ribadisce che al suo Comune «sarà cagionato anche un danno economico, poiché viviamo soprattutto di accoglienza, accessibilità e attrattività della nostra destinazione». Il filo spinato «non è ben accetto». E ripetendo che «non servirà a proteggerci e non basterà a spezzare i sogni di una vita migliore e più sicura, cullati dai migranti», «speriamo che sia rimosso quanto prima», conclude Bossman.

Ma intanto la barriera di filo spinato voluta dal premier sloveno è già arrivata sul territorio comunale, all'altezza del valico di Castelvenere-Dragogna, a pochi chilometri dal mare. Più a Est in realtà non può andare perché, da lì in poi, il confine è conteso e la Slovenia non potrebbe posizionare la sua rete metallica senza incorrere nelle ire di Zagabria.

Come la cultura, a essere tagliata in due dal filo posizionato dall’esercito è anche la comunità italiana. Di ritorno a Capodistria dopo l’incontro con l'ambasciatore d'Italia in Croazia, Adriano Chiodi Cianfarani, avvenuto a Pola, il presidente della giunta esecutiva dell’Unione Italiana (UI) Maurizio Tremul non nasconde la sua indignazione nell'attraversare un confine che sa essere tracciato ora col filo spinato. «Ci stavamo a mala pena abituando a questa frontiera leggera, nata in seguito all'adesione della Croazia nell'Unione europea, stavamo aspettando l'ingresso di Zagabria nell'area Schengen per vedere la fine delle dogane, ed ecco che invece ci viene inflitta questa ferita profonda», sbotta Tremul, che aggiunge: «Neanche ai tempi della guerra i campi e i boschi erano stati divisi così».

Per la comunità italiana, che - assicura Tremul - «si sente vicina alla sofferenza dei profughi per via delle drammatiche pagine dell'esodo», la scelta del muro è «totalmente sbagliata». Troppe le conseguenze negative sul territorio dal punto di vista morale, economico e turistico. Zero gli aspetti positivi. «Ci sarà sicuramente una protesta da parte nostra - anticipa l’esponente della UI - Ci hanno colti di sorpresa, non avrei mai immaginato che sarebbero arrivati fin qui».

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