Istria e Dalmazia, turismo ko: disdette e chiusure a catena
Tutti a casa. L'ordine, o meglio il suggerimento – ma la sostanza è la stessa – è stato impartito dalla Protezione civile istriana e riguarda tutti gli alberghi della regione: da ieri vengono svuotati gli hotel della regione stessa in cui alloggiano turisti giunti dai Paesi maggiormente colpiti dal coronavirus, Italia in testa: nella lista anche ospiti arrivati da Austria, Svizzera, Olanda, Svezia e Gran Bretagna. Non ce n'è per nessuno, a eccezione dei vacanzieri croati che potranno restare. Agli ospiti d’oltreconfine vengono offerte tre opzioni: quarantena in apposito centro, rigoroso autoisolamento, oppure ritorno nei Paesi d’origine.
Lo ha comunicato ieri ai giornalisti Dino Kozlevac, direttore dello staff: «I casi sospetti, se ce ne sono, saranno trattati rispettando la dovuta procedura. Ora è il tempo di stare a casa perché così modo avremo meno danni rispetto a quanto succede adesso in Italia». Secondo Kozlevac «gli italiani hanno sbagliato e ne pagano le conseguenze. Siamo convinti che svuotare gli alberghi sia una mossa appropriata, che potrà dare i frutti sperati».
A seguire per prima le indicazioni di Kozlevac è stata la più importante azienda alberghiera in Croazia, la Valamar di Parenzo, che ha chiuso i suoi impianti ricettivi a Parenzo e Porto Albona (Rabac), così come a Ragusa (Dubrovnik). «Nella nostra azienda – ha fatto sapere Valamar – non ci sono casi accertati né sospetti di Covid–19. Purtroppo la situazione non ci permette di garantire ai nostri ospiti servizi di prim’ordine, la dovuta sicurezza e momenti entusiasmanti. E considerato che in Istria già ora e da lunedì in tutto il territorio croato si chiuderanno» asili, scuole e università, «abbiamo voluto venire incontro ai genitori e alle loro esigenze. Gli occupati della Valamar avranno ferie collettive fino a fine marzo».
La pandemia ha avuto l’effetto dirompente di un tornado sul settore turistico croato, comparto che da solo produce il 20% del Pil nazionale. Piazza Affari a Zagabria ha pubblicato ieri i resoconti di diverse aziende alberghiere croate dai quali si evince che l’effetto coronavirus è già pesantissimo sul business, con la rarefazione delle presenze attuali ma anche delle prenotazioni per i mesi prossimi. I decrementi arrivano a superare il 60%, cifre che potrebbero aumentare se in Croazia si dovesse ripetere la situazione che si vive in Italia: in ogni caso, sostengono gli esperti, quella del 2020 potrebbe essere la stagione più corta e deludente da quando – nel 1991 – la Croazia sciolse i legami con Belgrado diventando Stato sovrano e indipendente.
Dopo Valamar, anche Medora hoteli ha scelto di compiere un passo drastico: ha chiuso fino a data da definirsi il suo hotel Medora Auri a Podgora, in Dalmazia. L’Ftb Turizam, proprietaria degli alberghi Epidaurus e Albatros a Ragusavecchia (Cavtat) ha annunciato che lunedì farà chiudere i battenti all’hotel Lucija a Portorose, in Slovenia, a causa del gran numero di disdette nelle prenotazioni. A quanto comunicato dalla direzione dell’Ftb, le perdite provocate dalla loro struttura slovena potrebbero raggiungere il 60%.
Brutte notizie sono arrivate anche dalle aziende alberghiere dalmate Hoteli Vodice e Htp Curzola, mentre il colosso alberghiero abbaziano Liburnia Riviera Hotels ha ammesso che per marzo e aprile le prenotazioni sono state cancellate nella misura del 64%, a maggio del 31% e in giugno sinora del 21%. La compagnia parentina Plava Laguna, tra le più note nel Paese, ha parlato di un calo su base annua del 25% in febbraio e marzo. Se non ci sarà fra due–tre mesi una netta inversione di tendenza il comparto turistico perderà migliaia di posti di lavoro, aggravando i problemi del Paese. E le festività pasquali, che per tradizione sono l’inizio della stagione, vengono ora considerate alla stregua di un incubo per gli operatori turistici croati. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo