Istria, a processo tre cacciatori di frodo veneti

POLA. Sono stati rilasciati dopo l’interrogatorio i tre cittadini italiani della provincia di Vicenza, due di Schio e il terzo di San Vito di Leguzzano, tutti di 66 anni, nonché il segretario della società venatoria Jedinstvo di Dignano Bruno Derocchi, 65 anni, denunciati per caccia di frodo. Dovranno rispondere in tribunale di violazione della legge sulle armi e sulla caccia, come precisato dalla Procura comunale. Non c’erano gli estremi per la carcerazione preventiva è stato spiegato, per cui i quattro si difenderanno a piede libero. Nei loro confronti non è scattato il divieto di lasciare la Croazia.
Il 19 ottobre scorso il gruppo era stato sorpreso dalla polizia nei boschi di Dignano, nella riserva di competenza della società Jedisntvom mentre dava la caccia a uccelli protetti, usando richiami e armi proibite. Ne avevano uccisi già trecento, in primo luogo calandri e tordi bottacci, in numero minore migliarini di palude, verdoni, cinciarelle, frosoni comuni, capinere, cardellini, merli e piccioni selvatici, quasi tutte speci protette dalla legge. E pensare che avevano il permesso per cacciare unicamente le beccacce.
In base all’apposito regolamento hanno arrecato un danno di 85mila euro al patrimonio naturale. Gli agenti hanno subito proceduto al sequestro dei richiami illegali, dei 10 fucili da caccia, delle 2 pistole e delle 4700 cartucce che avevano con sè. Il presidente della società venatoria Jedinstvo, Bruno Celija ha annunciato che per il segretario Derocchi scatteranno altre sanzioni oltre a quelle legali, come l’espulsione dalla società e la revoca permanente della licenza di caccia. «I tre veneti - prosegue Celija - sono ospiti fissi nella nostra riserva già da tanto tempo, per due–tre volte all’anno. Ciò che hanno fatto assieme al nostro segretario merita le sanzioni di legge più rigorose. Penso che dovrebbero risarcire la societa venatoria del danno subito fino all’ultimo centesimo».
Sicuramente l’episodio, che non è il primo del genere nelle riserve di caccia istriane, non fa onore all’immagine della maggioranza dei cacciatori italiani ormai abbonati alle battute in Istria. Il turismo venatorio in regione è un business da tre milioni di euro all’anno grazie ai proventi dai permessi di caccia, alla sistemazione negli alberghi e negli agriturismi e alla spesa nei ristoranti e trattorie. Si tratta di ospiti molto graditi in primo luogo perché non badano troppo alle spese.( p.r.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo