«Istituzioni e negozianti incapaci di fare squadra»

Annalisa Godina: siamo stati troppo lenti nel reagire alle novità, ma intorno a noi solo silenzio. In questa città pesano individualismo e immobilismo
Foto Bruni 29.11.14 Magazzini Godina:l'ultimo giorno di apertura
Foto Bruni 29.11.14 Magazzini Godina:l'ultimo giorno di apertura

Alle 19.30 di ieri sera si sono spente per sempre le luci di Godina, il più grande e importante negozio di abbigliamento di Trieste e tra i più ampi della regione. Si è chiusa così un'altra pagina del commercio cittadino, che in 66 anni di attività ha dato da vivere a migliaia di famiglie e ha vestito intere generazioni. Adesso per quegli spazi si apre un'importante partita che vede la famiglia Godina in prima linea nel tentare di ricollocare l'immobile ad altre attività che riportino vita in quei 4.500 metri quadrati in cui hanno lavorato finora una settantina di dipendenti. Ieri mattina la famiglia Godina era in negozio, tutti al solito posto, a testa alta davanti ai clienti che passavano a salutare titolari e personale. Il padre, Sergio Godina, provato da quella scelta di chiudere che non avrebbe mai voluto prendere; e i figli Giancarlo, da sempre il più silenzioso, e la battagliera Annalisa, amministratore delegato della società, che non le ha mai mandate a dire a istituzioni e associazioni di categoria dopo che l’azienda ha lanciato anno dopo anno campanelli d’allarme e richieste di aiuto spesso ignorati.

Annalisa Godina, qualcuno a livello istituzionale o di associazioni di categoria si è fatto vivo a poche ore dalla chiusura?

Nessuno, silenzio e indifferenza. Un segnale che mi sorprende non tanto per noi della famiglia quanto per i dipendenti. Per altre realtà cittadine con un numero anche inferiore di lavoratori c'è stata più sensibilità. Di fronte alla nostra chiusura non ho intenzione di scaricare responsabilità su terzi. L’immobilismo degli enti locali però purtroppo pesa su un’intera città.

Cosa non funziona a Trieste a livello commerciale?

L’individualismo, il fatto che ognuno va nella propria direzione. Se le istituzioni e i commercianti avessero saputo fare rete probabilmente le opportunità sarebbero state maggiori. Un esempio lampante della mancanza di una visione unitaria è stato quando un paio di anni fa un’agenzia di incoming di Portorose ci ha contattato perché era interessata a stringere una collaborazione con noi per lo shopping dei turisti russi in Italia. Nel materiale che era stato loro consegnato da Promotrieste e che indicava alcune realtà commerciali il nostro negozio non era stato nemmeno menzionato.

Come è cambiato il tessuto commerciale cittadino?

Il mutamento urbanistico dei centri cittadini che vede locali storici sostituiti da negozi in franchising sta avvenendo anche qui. La miriade di chiusure, siano esse di piccole o grandi realtà, spesso storiche, sta facendo perdere l'identità a Trieste.

Se la città non ha risposto alle vostre richieste di aiuto, anche l'azienda che lei amministra ha sbagliato in qualche cosa? Quali sono stati i punti di forza e quelli di debolezza di Godina?

Tra i punti di forza mi sento di citare per prime le intuizioni di mio nonno: l'impostazione che egli ha dato a tutta la struttura ha vissuto fino ad oggi. Una grande ricchezza sono stati i dipendenti, quelli che hanno amato questo lavoro. D'altra parte purtroppo la nostra struttura si è rivelata troppo rigida e con tempi di reazione troppo lenti rispetto al contesto in cui operava.

E le aziende strutturate e grandi come la vostra sono costantemente sotto la lente di ingrandimento, anche dei sindacati?

La burocrazia e l'onestà che sempre ci ha contraddistinto non hanno reso questa azienda competitiva con altri tipi di realtà già apparse sulla cronaca locale per lavoratori in nero, evasioni fiscali o scontrini fantasma. Purtroppo chi vuole fare le cose in regola oggi fa difficoltà a sopravvivere: è una triste constatazione. Leggendo poi le normative in tema di commercio, sia per quanto riguarda gli orari che su temi operativi come i saldi, ho sempre pensato che siano scritte da persone che non hanno mai avuto esperienza nel settore.

Trieste l'ha delusa?

Per ora credo ancora in Trieste, credo nella mia generazione e in quelle che verranno. La nostra è una città splendida nella quale spero di crescere i miei figli. È una città che è sempre stata molto vicina alla mia famiglia ed è un posto che amo profondamente.

Cosa servirebbe per rilanciare il tessuto commerciale triestino?

Cambiare, cambiare profondamente la mentalità di ciascuno di noi, le abitudini, le poltrone. E snellire la burocrazia. Perché il mondo tutt’attorno è già cambiato.

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