Isonzo, strategia anti-diga: «Realizziamo piccoli bacini»

La proposta di Ambiente 2000: «Utilizziamo la tecnica delle strutture artificiali in geomembrane: 10 milioni di litri d’acqua in un “lago” da 5mila metri quadrati»
Di Francesco Fain

Potrebbe essere l’uovo di colombo. E permetterebbe di risolvere l’annoso problema dell’Isonzo in secca che mette in difficoltà gli agricoltori con l’irrigazione. Inoltre, realizzando tale progetto, non occorrerebbe costruire la tanto contestata diga.

L’uovo di colombo sono i bacini artificiali in geomembrane. A caldeggiare la loro realizzazione è l’associazione “Ambiente 2000” guidata dall’intraprendente Albero Ballarini. «Ancora non si è parlato di queste strutture a elevata resistenza alla lacerazione e ai raggi Uv. Questi bacini - spiega Ballarini - sono ormai diffusi in tutte le aree del mondo con problemi d’acqua e possono modificare sostanzialmente la criticità dei periodi e dei luoghi siccitosi. Un bacino da 5.000 metri quadrati e profondità media di due metri può stoccare dieci milioni di litri d’acqua, con un costo di 50-70 euro al metro quadrato. Proporremo un incontro fra specialisti del settore e le parti interessate, augurandoci di poter dare un buon contributo alla soluzione dell’annoso problema».

Ma non è l’unica soluzione proposta da Ambiente 2000 per evitare la costruzione della diga. «In occasione del recente convegno tenuto alla Fondazione Carigo per il 140° anniversario della Fondazione del consorzio di bonifica, si è parlato, come già apparso ripetutamente sui giornali, della richiesta di una diga di rifasamento, che dia la possibilità all’agricoltura di gestire, senza traumi, l’irrigazione della campagna isontina anche nei periodi, sempre più frequenti, di siccità. Ormai la storia si ripete ogni anno e ogni anno si ripetono le polemiche a favore o contro la diga. Rivedere il trattato di Osimo del lontano 1977 (non tanto per il tempo effettivo ma per le variazioni geopolitiche e climatiche) è sicuramente irrealizzabile: si dovrebbe ridiscutere tutto dalle fondamenta. Oggi l’unico riferimento possibile è la Direttiva acque europea (2000/60/CE). Da quanto emerso dalle relazioni dei vari oratori presenti e delle parti interessate non sono assolutamente emerse se non per cenni, altre soluzioni che singolarmente o in combinazione vengono invece adottate in altre parti del mondo, dove il mais in particolare, rappresenta una parte molto importante o la più importante delle coltivazioni agricole e dove vi siano problemi di rifornimento e/o stoccaggio idrico».

Aggiunge Ballarini: «Ci soffermiamo sul mais perché è la coltura che l’ha fatta da padrone in questo convegno, ovviamente per il suo grandissimo bisogno d’acqua e, quindi, proprio il mais sarà la base di quest’approfondimento. Premettiamo che ci sono vari altri elementi che vanno a incidere sul risultato di tale coltura, come scelta della varietà idonea per il tipo di sottosuolo, le condizioni climatiche, la rotazione della coltura, la densità d’impianto. In questa sede però ci preme rendere evidente di cosa non si è parlato per evitare la costruzione di una diga. Gli elementi fondamentali sono 2: riduzione della quantità d’acqua necessaria a irrigare e possibilità di stoccaggio dell’acqua necessaria a superare i periodi siccitosi. La quantità d’acqua d’irrigazione gioca un ruolo decisivo e nel convegno si è parlato solamente di irrigazione a pioggia che è migliore senz’altro rispetto al sistema a scorrimento, ma che è ancora molto dispendiosa a causa dell’ evaporazione, del ruscellamento e del vento».

Conclude Ballarini: «L’irrigazione a goccia, nelle situazioni agro-ecologiche più diverse fa risparmiare dal 30 al 50% di acqua con una maggior produzione dalle dieci alle quindici tonnellate e vari altri vantaggi anche sulla qualità del prodotto che in questa sede non è possibile elencare».

Bisognerà vedere se queste soluzioni troveranno il gradimento del presidente del Consorzio bonifica pianura isontina, Enzo Lorenzon. In tempi non sospetti e a più riprese ha illustrato il suo pensiero in maniera forte e chiara. «In molti dicono che bisogna trattare con la Slovenia ma è una strada a fondo cieco perché quel Paese ha dichiarato di avere nessuna intenzione di trattare. E allora - affermò qualche mese fa - dobbiamo risolvere il problema in casa nostra: l'unica soluzione è costruire un invaso o una traversa capace di garantire un flusso costante minino di 25 metri cubi al secondo: tale quantitavo metterebbe al riparo dalle conseguenze della siccità. Ormai dobbiamo prendere atto che il clima è cambiato e ci sono lunghi periodo, in piena estate, in cui non piove».

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