Isonzo a rischio: Lubiana progetta tre nuove centrali idroelettriche

Nel piano energetico della Slovenia è previsto il raddoppio degli impianti attualmente in funzione Allarme a Gorizia: gli esperti temono l’impatto ambientale sulla fauna e sulla portata del fiume
Bumbaca Gorizia L'Isonzo tumultuoso
Bumbaca Gorizia L'Isonzo tumultuoso

GORIZIA. Tre nuove centrali idroelettriche da costruire sull’Isonzo. È questo il progetto al quale la Slovenia sta lavorando di gran lena, in barba a tutti i tentativi - rigorosamente da parte italiana - di arrivare a una gestione condivisa dei flussi d’acqua tra i due Paesi. Altro che accordo transfrontaliero: pur di incrementare il proprio potenziale energetico, Lubiana sarebbe addirittura pronta ad abolire lo status di «inestimabile valore naturalistico» dell’Isonzo, tutela sancita per legge nel 1976.

E che finora ha impedito la costruzione di dighe a scopo idroelettrico nel tratto incontaminato che dalle sorgenti arriva fino a Tolmino. L’allarme arriva direttamente dal web, col consueto tam tam capace di superare le barriere linguistiche e geografiche: a lanciarlo, raccogliendo un sos dell’associazione pescatori di Tolmin, è la comunità virtuale www.fiumeisonzo.com, che ha subito avviato una petizione nel tentativo di fermare sul nascere la proposta di legge avanzata dal Ministero dell’Economia sloveno e attualmente in discussione oltre confine. Il piano energetico, infatti, spianerebbe la strada allo sviluppo di 23 nuove centrali da costruire sui quattro principali fiumi del Paese. Uno di questi è, appunto, l’Isonzo che col nuovo progetto “guadagnerebbe” tre centrali, in aggiunta alle tre già esistenti. Il condizionale, in questo caso, è d’obbligo, dal momento che lo stesso Ministero all’Ambiente sloveno avrebbe manifestato la sua contrarietà al piano.

Le perplessità di casa altrui, però, non placano i timori delle associazioni ambientaliste italiane, in primis quella di Legambiente, che ha lanciato a sua volta un appello. «In questo momento stiamo cercando di tradurre i documenti dallo sloveno, per avere le idee più chiare - spiega Luca Cadez, della sezione goriziana -. A preoccuparci c’è l’aspetto ambientale e la possibile minaccia per la sopravvivenza le specie ittiche. Ma anche le conseguenze che i nuovi impianti potrebbero avere sulla portata dei flussi d’acqua e il conseguente rischio di instabilità idrogeologica. Già oggi il fiume alterna momenti di secca in estate, ad altri di instabilità, causata proprio dagli sbalzi del livello dell’acqua».

Proprio l’assenza di una politica trasfrontaliera per la gestione dei flussi ha fatto sì che l’Isontino subisse passivamente le conseguenze del pompaggio delle acque dalle dighe slovene. Situazione che in futuro potrebbe peggiorare. Il presidente del Consorzio per la bonifica della pianura isontina, Enzo Lorenzon, però, non se la prende tanto con gli sloveni, quanto piuttosto con l’immobilità italiana: «A Lubiana fanno giustamente quello che vogliono. Invece di pensare a cosa fanno loro, iniziamo a chiederci cosa potremmo fare noi. Abbiamo perso l’occasione di risolvere il problema: se avessimo realizzato il bacino di rifasamento a Piedimonte a quest’ora staremmo tranquilli».

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