Irene Cao, la nuova trilogia erotica dal Friuli

Un’altra estate a tutto sesso? Sembra proprio di sì, almeno dal punto di vista editoriale. A luglio dell’anno scorso il mondo del libro è stato salvata dal naufragio delle vendite dalla trilogia “50 sfumature”, e E.L. James è diventata la autrice più venduta degli ultimi anni in Italia ed anche in Europa. Poi sono venuti tanti cloni, di discreto successo, a dimostrazione che un mercato era stato aperto. In questo mercato ora si lancia alla grande la Rizzoli, giocando tutte le sue carte su una autrice poco più che trentenne, agli esordi in letteratura.
Il 5 giugno sarà in libreria, a soli cinque euro per favorire il decollo, “Io ti guardo”, che promette di essere, come recita la pubblicità «un eccellente mix tra le "50 sfumature" di E. L. James e “Mangia, prega, ama” di Elizabeth Gilbert». Quindici giorni dopo sarà la volta del secondo volume di questa nuova trilogia erotica, intitolato “Io ti sento” ed a metà luglio l’inevitabile “Io ti voglio”, tutti al prezzo di cinque euro.
Il romanzo comincia così: «Il giallo assorbe la luce del sole, vira all’arancio per poi sfumare in un rosso acceso. Un taglio, quasi una ferita, lascia intravedere piccoli chicchi di un viola lucente. I miei occhi sono fermi su questo melograno da ore. È solo un particolare, certo, ma è anche la chiave dell’affresco. Il soggetto è il ratto di Proserpina, un’istantanea del momento in cui il severo signore degli inferi, un Plutone avvolto nella nuvola porpora della sua veste, afferra con forza i fianchi della dea che sta raccogliendo un enorme melograno sulle rive di un lago».
L’aspettativa è alta, la prima tiratura imponente per una esordiente, insomma alla Rizzoli ci credono, anche perché sono riusciti a vendere la trilogia in Spagna, Germania e Brasile, tanto per cominciare. Cosa li fa essere così fiduciosi? Probabilmente aver trovato una chiave nuova per sfruttare il filone, una chiave mediterranea, così come è successo in altri generi letterari. Perché è di questo che si tratta: basta coi grattacieli di New York, con gli uffici di lusso, con i raffinati manager, bisogna inventare qualcosa di nuovo. E l’idea l’ha avuta Irene Cao che da sei mesi, reclusa in un paesino del Friuli, lei che è di Pordenone, produce le pagine di erotismo al femminile che si spera diventino un best seller.
Confrontando la biografia, ma anche l’immagine di Irene Cao con quella di E.L James si colgono le prime differenze. Se la scrittrice che ha sconvolto tutti i mercati del mondo è una casalinga con l’aria della casalinga, Irene Cao è invece una ragazza molto contemporanea, che ha nel suo curriculum non solo una laurea a Ca Foscari, ma anche un dottorato di ricerca in scienze dell’antichità e qualche pubblicazione di interesse archeologico.
Insomma, ha al suo arco qualche freccia che le permette di andare oltre la riproposizione di un fortunato stereotipo. E poi ha Venezia come sfondo di questo primo romanzo erotico; e non la Venezia cartolinesca degli autori stranieri, ma quella reale in cui i vecchi palazzi ed i loro tesori artistici, convivono con la Biennale, con la moda, con gli studenti, coi locali ed i ristoranti di successo.
E poi c’è l’arte. Perché la protagonista della serie è una restauratrice, e l’arte è la coprotagonista della serie. E infine, c’è la cucina, perché il protagonista è un grande cuoco, uno di quelli che si vedono adesso, colti e atletici, a loro agio nei talk show come in cucina. Uno che arriva da New York, da quel che si sa del libro, per cucinare in un grande ristorante veneziano, ma soprattutto per far scoprire alla giovane restauratrice tutte le sue potenzialità sensuali. Per di più è di origine siciliana, a completare il mix mediterraneo.
Insomma: sesso, cibo, arte, cultura, proprio quel che gli stranieri si aspettano dall’Italia, ma raccontato per una volta da una italiana, il che dovrebbe evitare agli italiani quel senso di disorientamento che provano davanti a libri come quello della Gilbert. Funzionerà? Difficile dirlo ma dalla sua parte Irene Cao ha l’autenticità. Il libro, il primo, lo aveva scritto prima di “50 sfumature”, segno che l’operazione almeno non è tutta costruita a tavolino.
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