Io sto con gli animali strani
di Pietro Spirito
Si comincia con il . Vampyroteuthis infernalis, una sorta di seppia nana che vive negli abissi del mare, vera creatura degli inferi ancora piena di segreti. Più avanti troviamo la Gymnophiona, qualcosa a metà tra un grosso verme e un lombrico, che non ha né zampe, né coda, né occhi, né orecchie, né polmoni, e vive sottoterra. Poi ci sono i Pycnogonidi, «abbandonati lungo la strada dell’evoluzione», un po’ ragni e un po’ scorpioni, insetti dalle gambe lunghissime buoni per un film dell’orrore. E che dire del Solenodonte, parente sfortunato del topo, con la testa sproporzionata rispetto al corpo, muso lungo e vibrisse corte? Per aggiunta è pure velenoso.
Cos’è, un catalogo di “mirabilia”? Uno di quegli antichi bestiari dove la fantasia veniva in soccorso dell’ignoranza e l’elenco dei mostri serviva più a impressionare che a istruire? No, questi sono alcuni esempi di animali reali, ma soprattutto alcuni esempi della straordinaria biodiversità della natura. Ce li presenta, e li racconta, la biologa Lisa Signorile nel libro “L’orologiaio miope” (Codice edizioni, pagg. 214, euro 19,00), ovvero “Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sugli animali...che nessuno conosce”.
Scienziata, blogger e scrittrice, componente della Zoological Society di Londra dove vive e lavora, radici in parte triestine (per via di nonna), Lisa Signorile ha la passione sfrenata per tutte le creature più sfortunate della Terra. Animali che almeno a noi sembrano sfortunati, ma in che realtà sono miracoli dell’evoluzione e, perciò, un vero inno alla vita e alla sua infinita varietà. Con penna brillante e spiccato humour anglo-triestino, sia nel suo libro sia attraverso il blog www.lorologiaiomiope.com, Lisa Signorile racconta le sue “strane creature” con esattezza scientifica e spirito divulgativo guidata da un solo faro: l’amore per la natura. Presentata dal direttore dei Civici Musei Scientifici Nicola Bressi, la biologa incontrerà il pubblico a Trieste, venerdì, alle 21, nel Giardino delle Ancore del Museo del Mare (ingresso libero) nell’ambito della rassegna di Marestate “Navigando nella Scienza” .
Il titolo del suo libro si rifà a “L'orologiaio cieco” dell’etologo Richard Dawkins, che nega decisamente un "disegno" nell'evoluzione. A riguardo ci sono varie posizioni intermedie: qual è la sua?
«Non una di quelle intermedie - risponde Lisa Signorile -. Il titolo del mio libro sdrammatizza la metafora di Dawkins, poiché a me sembra che l'”Orologiaio” sia più simile a Mr Magoo dei cartoni animati che non sa cosa fa e non vede dove va, che all'indovino Tiresia della letteratura classica. Dal punto di vista della scienza l'evoluzione ha delle basi fondate e innegabilmente evidenti. Qualunque tentativo di mediazione tra quello che la scienza ci spiega e posizioni creazioniste ci discosta dalla possibilità di falsificare la teoria stessa, e quindi non può essere preso in considerazione dalla scienza».
Lei dice che la stranezza dipende solo dall'ottica con cui la si guarda. Quanto questa “miopia” può rendere difficile il lavoro dello scienziato?
«Molto. Non per gli scienziati in sé, di solito, ma per via dell’influenza del pubblico. Tutti vogliono che si salvino le tigri dall’estinzione e sono disposti a finanziare le ricerche, perché sono animali belli e carismatici, ma nessuno muoverebbe un dito per salvare dall'estinzione un picnogonide o un anfiosso, anche se in termini pratici il risultato sulla biodiversità sarebbe comparabile. L'importanza data a una specie dipende a volte solo dalla nostra ottica antropocentrica, e sicuramente è un aspetto con cui gli scienziati devono fare i conti».
Questa passione per i “numeri primi” dell'evoluzione, animali che pochi conoscono e in gran parte nessuno vorrebbe mai conoscere, da cosa le deriva?
«Più che altro dalla curiosità di sapere chi altri viaggia con noi su questa palla di roccia. È lo stesso impulso che ci porta a chiederci chi sono e che fanno i nostri vicini di treno, credo, ma mi arrogo di pensare che sia per uno scopo più interessante, ovvero il capire come funzionano i meccanismi dell'evoluzione e dell'ecologia».
Nel campionario studiato, qual è la specie che la sorpende di più, Homo sapiens escluso, ovviamente?
«A parte mio marito, dice? Credo che il record indiscusso della “stranezza” spetti ai Tardigradi, animaletti acquatici in grado di sopravvivere nello spazio profondo ma che somigliano a orsacchiotti a otto zampe».
Se non sbaglio l'eusocialità è poco diffusa in natura: noi, le api, le formiche e pochi altri. Si sopravvive meglio da soli?
«È un discorso un po’ complesso. Tutto sommato tutti gli animali sono formati da migliaia o milioni di cellule, che a un certo punto della storia evolutiva decisero che male accompagnati è meglio che soli, e si aggregarono a formare gli organismi pluricellulari. Alcuni organismi, come certe specie di funghi microscopici, ci stanno ancora pensando su e passano da uni a pluricellulare a seconda delle necessità. Noi umani siamo una specie sociale, ma non eusociale: infatti tutti gli individui si riproducono, non solo la coppia dominante. L'aggregazione o meno è un adattamento evolutivo che dipende da fattori come le risorse disponibili o la necessità di difesa: gli animali del deserto tendono a essere solitari, mentre gli animali di zone temperate o tropicali possono permettersi di aggregarsi per difendersi dai predatori, come gli enormi branchi di gnu delle savane africane. L'eusocialità è un adattamento raro perché estremo, in quanto diminuisce la variabilità genetica della progenie e questo puo’ essere svantaggioso».
Lei dà una spiegazione biologica a quello che chiama “effetto Bambi”, vale a dire il fatto che ci commuoviamo per un gatto e inorridiamo per un cinghiale. Retaggio infantile, lei dice. Ma c’è gente che ama i serpenti, e può succedere di affezionarsi a uno scorpione alla pari di un cucciolo di cane.
«E le capita spesso? No, io direi che nei grandi numeri questo non accade e le nostre preferenze si riflettono sia nelle specie addomesticate che nei finanziamenti alla ricerca. Ci provi lei ad avere fondi per salvare gli scarafaggi dall’estinzione! È possibile che la mia sia una spiegazione semplicistica, ma il fenomeno è innegabile, noi preferiamo alcune specie rispetto ad altre, su criteri piuttosto discutibili».
Cosa le ha insegnato l'esperienza del blog? C'è sensibilità per la biodiversità?
«C'è molta curiosità, e più voglia di imparare e di capire di quella che ci si aspetta di solito. Una cosa che ho scoperto osservando i trend degli accessi al blog è che la curiosità è maggiore nei confronti delle specie che ci fanno paura, ad esempio i parassiti, tipo zecche, sanguisughe o vermi assortiti. Questo contraddice le nostre preferenze dichiarate nei confronti delle specie pelose e carine. Noi umani siamo davvero la più incomprensibile delle specie».
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