Invasione di cinghiali alle porte di Gorizia

Hanno cambiato versante esasperando gli agricoltori: «Più che i danni deprezzano il terreno e non sappiamo cosa seminare»
Luigi Murciano
L’agricoltore Pierino Blasig sconsolato in mezzo nei campi di mais nelle località Molamatta e Saletti devastati dai cinghiali
L’agricoltore Pierino Blasig sconsolato in mezzo nei campi di mais nelle località Molamatta e Saletti devastati dai cinghiali

GORIZIA Un’invasione vera e propria. Da Oslavia, a Lucinico, passando per Piuma e Piedimonte, a due passi dall’abitato di Gorizia. E ora, nuovamente, si spingono sino al territorio di Farra e persino Gradisca. Puntuali come ogni anno, ma numericamente sempre più in forze, i cinghiali tornano a devastare le colture di tutto l’Isontino. Di fatto circondando Gorizia, con incursioni anche nel centro abitato.

Un fenomeno ormai radicato per cui non sembrano esistere contromisure sufficienti. Gli ungulati negli ultimi tempi hanno preso di mira i campi di mais delle località Molamatta e Saletti, a cavallo fra i comuni di Farra e Gradisca, guardando Gorizia. Il tutto procurando danni per migliaia di euro.

Irrisori i risarcimenti, sebbene se non altro la Regione abbia recentemente eliminato la franchigia di 250 euro. «Siamo esasperati – denuncia Pierino Blasig, agricoltore che da anni si batte affinché vengano trovate soluzioni al problema del passaggio dei cinghiali –. Non è più neanche una questione di danno economico, che pure di questi tempi fa molto male: i nostri terreni si stanno pesantemente svalutando a causa delle scorribande di questi animali. E siamo nell’assurda situazione di non sapere più che tipologia di semina scegliere, nel vano tentativo di tenerli alla larga. Sono onnivori e ormai si sono abituati a spostarsi per trovare cibo. Qui sanno di poterlo trovare facilmente». Forse anche per questo stanno snobbando l’altro fronte.

Si tratta di un problema particolarmente delicato, non solo contingente, perché non si riferisce unicamente alla perdita di quanto distrutto ora, ma mette a rischio anche le colture future. Tanto lavoro per poi veder distrutta buona parte della loro fatica da quelle bestie sempre più numerose. I cinghiali ormai non si accontentano più di vivere nella boscaglia che circonda le campagne. Più di qualche “cucciolata” vive e si sposta direttamente nascosto dentro i campi di mais. E in questo periodo gli animali sono oltretutto particolarmente pericolosi perché le femmine difendono i loro piccoli. Femmine che abbattono le pannocchie affinché anche i loro piccoli si possano nutrire. Ma questi dopo aver mangiato, come raccontano sempre gli agricoltori, si divertono a giocare creando delle vere e proprie chiazze di distruzione.

«È necessario una volta per tutto trovare una soluzione – ribadisce Blasig –. Gli abbattimenti consentiti ormai sono insufficienti, sono necessarie altre azioni. Quali? Si potrebbero eliminare i limiti di orario della caccia: è proprio dalle 24 alle 5, quando c’è il coprifuoco, che i cinghiali si muovono maggiormente. Oppure si potrebbe fare come in Slovenia: caccia di selezione aperta tutto l’anno, ma divisa in “finestre” dedicate alle singole tipologie di animale. I Forestali fanno ciò che possono, ma senza il lavoro dei cacciatori la situazione sarebbe ancor più seria. Un’altra soluzione potrebbe essere la creazione di “oasi alimentari” per questi animali, abituandole a sfamarsi tenendole lontane dai terreni agricoli». Blasig è ben consapevole che certe riflessioni non attireranno le simpatie di animalisti e ambientalisti: «Nessuno ama la natura più di un agricoltore – taglia corto –. Ma se vogliono aiutarci loro ad affrontare economicamente i danni... Qui si parla di una questione grave non solo per gli imprenditori, ma anche di pubblica sicurezza. Quanti incidenti ci sono stati in passato per il passaggio di ungulati nei centri abitati? (Farra, Gradisca, Lucinico e Gorizia oltre ai comuni del Collio) È un’anomalia da risolvere in fretta. La soppressione della Provincia e il passaggio di competenze alla Regione forse ha allontanato un po’ le istituzioni da questa problematica».

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