Intossicati da cena in agriturismo Colja: chiesto il giudizio
Chiusa l’indagine sul caso dei 152 clienti finiti al pronto soccorso con la salmonella per aver mangiato cibi avariati

TRIESTE
Quel ceppo micidiale di salmonella aveva intossicato 152 clienti intossicati da un ceppo micidiale di salmonella. Tutti finiti al pronto soccorso dell’ospedale. Un’epidemia dalle proporzioni inimmaginabili avvenuta nell’agriturismo Colja di Samatorza. Era la settimana di Pasqua dello scorso anno e i 152 clienti avevano avuto in comune una cena o uno spuntino: un piatto di pancetta, ombolo, vari tipi di salsicce, prosciutto crudo, cotechino, stinco e altri prodotti - risultati poi contaminati - accompagnato da qualche bicchiere di vino. E dopo poche ore tutti avevano lamentato una seria infezione gastrointestinale con febbre alta o altissima, cefalea e nausea. Gran parte si erano precipitati all’ospedale e molti erano stati ricoverati.
Sulla vicenda il pm Massimo De Bortoli ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio di Giuseppe Colja, titolare dell’osmizza di Samatorza. L’accusa emersa dalle indagini dei tecnici dell’Azienda sanitaria è quella di aver somministrato cibi contaminati da un nuovo tipo di salmonella: un ceppo particolarmente resistente, individuato proprio nell’occasione dai biologi. L’emergenza sanitaria era scattata il lunedì di Pasqua. Ma già il venerdì i responsabili del dipartimento di prevenzione avevano disposto la chiusura forzata dell’agriturismo di Giuseppe Colja. Dalle indagini erano emerse svariate irregolarità e gravi carenze igienico sanitarie.
Nella relazione avevano scritto: «Lo stato dell’edificio in cui è situata la stalla per i maiali presenta difformità rispetto al progetto in cui il locale, nella planimetria indicato come “stalla equini”, era stato trasformato in magazzino e vi era stata installata una cella frigorifera». Non solo: «La stalla in cui sono ricoverati i maiali si trova in precarie condizioni - così si legge ella relazione dell’Ass allegata alla richiesta di rinvio a giudizio - e la letamaia presenta sulla copertura di lamiera dei buchi».
Elementi questi che per la procura avevano creato condizioni ambientali ottimali «per il proliferare dell’infezione». Anche perché sia Colja che la sua famiglia nel periodo precedente all’epidemia «erano stati affetti da infezione gastrointestinale da salmonella del gruppo B e ciò nonostante aveva continuato a svolgere l’attività senza attivarsi per i controlli sanitari».
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