Intesa per la valorizzazione di 109 gioielli del Demanio
TRIESTE Ci sono caserme, strade militari o palazzine non più utilizzate dall’esercito. Ma anche la Pineta di Barcola. L’elenco è composto da 109 immobili all’attenzione della Commissione paritetica Stato-Regione, di cui 89 messi a patrimonio disponibile dal ministero della Difesa, e quindi oggetto di potenziale compravendita, e altri 20 sui quali è stato manifestato l’interesse all’acquisizione a titolo non oneroso da parte di Regione o enti locali.
L’interlocuzione Roma-Trieste sul tema riparte. A Udine, a palazzo Belgrado, che fu sede della Provincia, amministrazione regionale, con l’assessore alle Finanze Barbara Zilli, e Agenzia del Demanio, con il direttore regionale Fabio Pisa, hanno siglato un protocollo d’intesa che dà il via libera a iniziative di razionalizzazione, dismissione e valorizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici di rispettiva competenza, nonché di semplificazione delle procedure di trasferimento dei beni demaniali dallo Stato alla Regione.
Tra le manifestazioni d’interesse, come aggiornato dalla paritetica a marzo, ne compaiono anche tre del Comune di Trieste. Oltre alla Pineta, l’ex Caserma Duca delle Puglie di via Cumano (dove sono collocati il Museo di Storia naturale e il Museo della guerra per la pace de Henriquez) e l’ex Direzione d’Artiglieria di Campo Marzio (dove ci sono il Museo del mare e le celle frigorifere del Mercato ortofrutticolo).
A Gradisca compaiono invece le caserme Toti Bergamas e Ugo Polonio e il Castello. Nulla di nuovo, peraltro, visto che i “gioielli” dello Stato in via di cessione sono una pratica all’attenzione della paritetica da anni. A leggere le cronache del 2010 fu la Bicamerale presieduta da Enrico La Loggia a esprimere parere favorevole al decreto legislativo sul federalismo demaniale e a fissare principi generali e procedure. Consegnando alle Regioni spiagge, fiumi, laghi e una bella fetta di caserme non più utilizzate. All’epoca si contarono 20 beni (10 a Trieste) sopra il milione, con la Duca delle Puglie stimata 7,3 milioni e la Pineta di Barcola 1,8 milioni.
La filosofia alla base del provvedimento era che gli enti territoriali fossero in grado di gestire e valorizzare meglio di Roma quei beni: il governo, non a caso, lo definì «federalismo di valorizzazione». Altri, al contrario, ci vedevano la svendita del patrimonio statale. Altri ancora un “bidone”. Fatto sta che l’operazione è ancora lontana dall’essere completata. Nel protocollo firmato ieri si prevede intanto l’istituzione di un tavolo tecnico operativo per l’attuazione degli obiettivi comuni a partire dalla condivisione dei dati sul portafoglio di immobili di proprietà pubblica, statale o regionale, che potranno essere ceduti agli enti locali che ne hanno fatto richiesta. In alternativa i beni potranno essere immessi sul mercato tramite altre procedure di valorizzazione o vetrine immobiliari per la vendita a privati finalizzata alla realizzazione di progetti specifici.
Secondo Zilli si tratta di un passaggio operativo «importante per soddisfare le esigenze in primis dei Comuni, con il duplice vantaggio, da un lato, di sgravare la Regione e lo Stato dall’onere di gestire immobili non più considerati di utilità strategica, dall’altro di restituire dei beni alle comunità locali per un utilizzo a fini pubblici o per progettualità tra pubblico e privato che possano avere ricadute sociali». —
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