INTERVISTAMenia: "La Monassi non è il futuroTrieste in mano a lobby trasversali"

Il finiano Menia non risparmia critiche: "Pdl ingrato con Dipiazza, il sindaco è uno dei pochi che ha manifestato capacità di cambiamento. Camber? Il simbolo dell'immobilismo triestino"
Roberto Menia
Roberto Menia
TRIESTE.
A lui, il futurista, Marina Monassi alla presidenza dell’Autorità portuale non garba: «Non mi pare una scelta di futuro». A lui, il finiano, non piace nemmeno un «centrodestra con cui da tempo non vado d’accordo in città perché mira a piccole convenienze di campo. Mentre credo che anche qui possa cambiare». Lui, Roberto Menia, l’ex sottosegretario all’Ambiente che felicemente indossa oggi i panni di coordinatore regionale di Fli, si dice consapevole che nell’avventura «mi potrei pure schiantare». Ma ribadisce che «se finora abbiamo visto un centrodestra berlusconicentrico, dopo la fine della legislatura dovremo pensarne uno diverso: è un investimento sul domani dell’Italia».


E di Trieste, città dove «io, a differenza di chi mi immagina una persona chiusa nelle mie espressioni - mai spente - di identità nazionale, mi auguro che di immigrazione ne arrivi parecchia: gente che conta, che sa connettersi con il mondo, gente che rompa i piccoli oligopòli triestini che hanno condizionato la vita della città».

Partiamo dai suoi due anni da sottosegretario. Ci ha messo lavoro e faccia, ma con scarsi risultati: niente soldi per la piattaforma logistica né per le bonifiche, rigassificatore fermo...

Piano. Il ministro Matteoli ci mise la sua, di faccia, quando davanti agli industriali di Trieste annunciò lo stanziamento Cipe. Io mi sono fidato.


Poi la doccia fredda, a ottobre, per bocca del viceministro Castelli...

Ma posso immaginare che con il nuovo presidente del Porto arriveranno anche quei 30 milioni. Soldi che Ercole Incalza (capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture e trasporti, ndr) mi dice essere pronti. A me non pare normale. E semmai ci voleva più pressing...


Da parte di chi?

Anche della Regione: se ritiene che la portualità sia strategica per l’intero Friuli Venezia Giulia, ci sarebbe dovuta andare più pesante. Quanto al rigassificatore, non so cosa dovrei rimproverarmi. Da sottosegretario ho concluso la procedura, che ho voluto svolta con la massima regolarità. Sono convinto che dobbiamo ricostruire una presenza industriale a Trieste e che non ci sia posto per la Ferriera, ma chiudere quest’ultima significa anche immaginare scenari diversi. Ho trovato folle e inconcludente il no del Consiglio comunale alla centrale termoelettrica.


Bonifiche. Lei ha detto che l’accordo «è stato fatto saltare».

È una mia sconfitta, senza dubbio. Ma attenzione: da maggio la Regione non si è più fatta sentire. Ho avuto la plastica impressione - e non è solo tale - che dall’interno della Regione e della maggioranza di centrodestra ci fosse chi, a fronte di pubbliche affermazioni, abbia in realtà voluto far saltare un accordo fondamentale per il territorio. In questo sottoscrivo cose che ha detto Claudio Boniciolli su chi è che va a sabotare...


Il motivo?

C’è un centrodestra che mira a tutelare piccole lobby e piccole logiche. Bisogna avere il coraggio di fare scelte, anche impopolari. Se invece tutto va riferito alla convenienza elettorale di qualcuno, o di qualche amico dell’amico...


Boniciolli ha parlato di «cupola».

Il termine sa di mafia ed è esagerato. Se esiste, ecco, parlerei di una ramificazione - di persone, interessi, famiglie, capacità di influire sulle scelte - che mira a conservare lo status quo. Non va bene. Se si tratta invece di lobby positive, ben vengano.


Ma a Trieste?

Temo siano negative.


E trasversali?

Non c’è dubbio.


Visto che non vuole far nomi: Giulio Camber è espressione di questo certo immobilismo di cui lei parla?

Lo penso da parecchio. Chi conosce la storia dei nostri rapporti sa che non ci siamo mai frequentati troppo.


Sulle bonifiche però lei ha addebitato responsabilità anche agli imprenditori restii all’accordo.

È vero, c’è un doppio binario.


Perché Trieste conta così poco a Roma?

Perché non siamo l’ombelico del mondo ma una piccola città in una piccola regione di cui Trieste è capoluogo formale ma spesso non sostanziale, dove si scontrano logiche opposte. Io sono convinto che la città possa avere uno sviluppo importante solo se farà parte di un progetto integrato e nazionale in Europa. Se resta chiusa in se stessa non andrà lontano. E si vede. Il superporto? Temiamo Monfalcone. L’università? Oddio, Udine... Logiche di periferia totalmente sbagliate, prive di connessione con il mondo.


Gli imprenditori dopo il no del Consiglio comunale alla centrale termoelettrica hanno speso parole forti contro l’immobilismo della politica.

Sono d’accordo, ma non con tutti gli imprenditori, che mi devono spiegare altre logiche e operazioni a me misteriose.


Per esempio?

Parliamo del Porto? Ho trovato assai strana l’indicazione unanime da parte della Camera di commercio di un nome che non mi pare essere una scelta di futuro.


Marina Monassi, lei dice.

È già stata presidente dell’Authority e, benché potesse, non ha fatto scelte di futuro accontentandosi di piccolo cabotaggio. Ha ritenuto poi di fare in Acegas una grande esperienza? A me non pare sia stata ottima. Abbiamo dato.


Come interpreta allora l’indicazione di Monassi dall’ente camerale?

Va chiesto a loro... Comunque, altrove ho conosciuto imprenditori veloci, scattanti. Se c’è una cosa che all’imprenditoria triestina rimprovero è che qui, da amministratore pubblico, ogni progetto che mi son visto arrivare era destinato a essere pagato per il 90% dal pubblico. Compreso il Parco del mare... Io mi auguro di vedere una Trieste diversa da quella, ferma, vista finora. Anche se non sempre, perché la città ha scatti d’orgoglio tanto a destra quanto a sinistra.


Sull’intesa con il governo per l’Authority il governatore Renzo Tondo ha già annunciato di volersi prendere tutto il tempo necessario...

E magari lo farà decorrere: vige il silenzio-assenso...


È una previsione?

È una possibilità.


Roberto Dipiazza dice che la partita non è ancora chiusa.

Vero, sta alla scelta e responsabilità di Tondo. D’altronde tutti hanno capito che gli equilibri potrebbero esserne devastati.


Il giudizio sulla giunta regionale, sin qui?

Mi auguro che l’equilibrio che Tondo ha garantito continui, nel rapporto con giunta e coalizione.


E la partita del superporto?

Unicredit ha detto chiaramente che se non ci sarà un accordo il progetto verrà realizzato a Monfalcone. Non mi pare una soluzione intelligente per nessuno: quel progetto disegnato su una visione integrata crea una centralità dell’intera area. Mi fa ridere sentire che a Monfalcone arriveranno più contenitori che qui.


Unicredit ha interessi anche a Capodistria.

Se crediamo che il progetto Unicredit non sia utile, non andiamo lontano. Una delle cose che comunque trovo sorprendenti è che sul progetto, lanciato a febbraio, c’era un testo scritto in cui si parlava di Autorità unica Trieste-Monfalcone e di tanto altro. Se a oggi quel tema fosse stato chiuso non sarebbe nemmeno partita la gara per la presidenza del Porto. E il paradosso è che potremmo avere un supercommissario a sminuire il ruolo del presidente dell’Authority. In quanto è accaduto esiste anche una sconnessione in termini logico-temporali.


Tondo potrebbe cogliere l’occasione dell’Authority per chiedere una ricomposizione del centrodestra locale, anche in vista delle comunali 2011?

La ricomposizione si fa su progetti e strategie, non piazzando chi di qua e chi di là.


Magari potrebbe spingere per la candidatura di Roberto Antonione...

È una delle ricostruzioni che si sentono. Mi parrebbe un’azione di piccolo cabotaggio.


Intanto si rafforza l’asse Menia-Dipiazza, malgrado lei in passato non sia stato tenero con il sindaco...

Vero, ma il Dipiazza di dieci anni fa non è quello di oggi. Gli si potrà rimproverare di non avere realizzato i parcheggi, ma è uno che ha manifestato capacità di cambiamento che altri non hanno avuto, e coraggio di fare scelte... Finita l’esperienza in Municipio, è giusto che torni a casa? Non credo.


Pdl ingrato?

Ne sono abbastanza convinto. Ma ne parlerà lui con loro, visto che ci sta ancora dentro.


Alle comunali sarete alleati?

Mi auguro proprio di sì, visto che con Dipiazza mi ritrovo su tante analisi.


Alleati: in che modo?

Vedremo. Io comunque voglio un centrodestra unito, uno schieramento allargato sulla base di un progetto strategico chiaro. Se ciò non sarà possibile, si prenderanno altre strade e si potranno avere differenti concezioni di centrodestra.


A oggi considera ancora Antonione il candidato di più alto profilo?

Credo di sì.


Anche lei è in pista?

Potrebbe essere, è prematuro parlarne.


Intanto i suoi ex compagni di An-Pdl non perdono occasione per marcare le distanze da lei. Dopo decenni di storie in comune, che effetto le fa?

Siamo tutti maggiorenni e da lungo tempo abbiamo imparato che la vita riserva tante sorprese, positive e negative. Poi si metabolizza tutto. Io ho imparato a farlo presto.


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