Intervista - Il pediatra che vaccina poco: «A decidere sono i genitori»
TRIESTE. I vaccini sono «fondamentali», dice, ma non spinge più di tanto le famiglie a farli. Perché la sua non vuol essere «un’ingerenza» nelle scelte altrui. Preferisce piuttosto ascoltare le voci di tutti quei genitori contrari con cui ha a che fare ogni giorno. «Vengono in tanti da me con idee diverse - spiega - e io credo nel dialogo, non nella coercizione». Il dottor Paolo De Mottoni, uno dei due pediatri su cui il Dipartimento di prevenzione di Trieste ha avviato accertamenti per le percentuali troppo basse di bambini sottoposti alle misure di profilassi, ha lo studio in piazza Unità. Il medico non pensava di finire nel mezzo di una bufera mediatica. Ma è consapevole che l’ambiente sanitario lo sta guardando con una certa diffidenza. È un non allineato. Dovrà chiarire la propria posizione davanti all’Ordine dei medici. E intanto, in Fvg, si registra un caso simile anche nell’Azienda n.3 Alto-Medio Friuli.
Dottore, lei è favorevole o contrario ai vaccini?
La vaccinazione è uno strumento di medicina preventiva fondamentale, indispensabile e imprescindibile, per cui non si può essere contrari.
Allora come si spiega il fatto che su di lei risultano percentuali basse di bambini coperti dai vaccini?
Chi sceglie di vaccinare o non vaccinare sono i genitori. Ciò che avviene nel mio studio è un dialogo in cui io sento le loro motivazioni e faccio presente quello che è il piano nazionale e il programma regionale. La mia situazione è così perché ho un’utenza particolare. Molte famiglie che scelgono me hanno delle idee già molto chiare per quanto riguarda le misure igieniche, il tipo di cura e lo stile di vita. E di conseguenza quello che mi arriva è un bacino di utenza piuttosto particolare. A me arrivano anche pazienti che i colleghi preferiscono non avere, persone che fanno scelte di vita diverse. Ma io credo che negare il diritto all’assistenza pediatrica perché una persona la pensa in un modo diverso, non sia una cosa buona.
Ma cosa trovano in lei queste persone con idee diverse?
Trovano il dialogo.
Quando lei ha a che fare con famiglie contrarie ai vaccini, cosa fa? Cerca di convincerle? Si batte per far vaccinare i bambini o no?
Se ne parla. Cerco di capire le motivazioni dei genitori, perché l’informazione non è mai a senso unico. Cerco di capire cosa hanno recepito, quali idee hanno.
Certo, ma un conto è il dialogo, un conto è il suo ruolo: alla fine lei che fa? Suggerisce, propone, spinge per i vaccini o no?
Scusi, abbiamo detto che il discorso è fra pari, in cui c’è il reciproco rispetto tra me e i genitori: quindi porto la mia competenza professionale e le linee guida internazionali. E mi confronto con chi ho di fronte, da cui non deriva una mia ingerenza nella volontà altrui. Cerco di capire le situazioni: ci può essere un genitore che ha paura, ci può essere un genitore che ha delle sue convinzioni di principio.
E quali sono?
Il rifiuto delle terapie iniettive. Ci sono genitori che non sono intenzionati a vaccinare.
Lei come si comporta?
Mi posso trovare davanti a famiglie decise a non vaccinare. Ma nel dialogo e nella discussione posso fare un primo passo, spiegando che ci sono certi germi nell’ambiente e che per una vita tranquilla del bambino può essere utile, in una prima fase, far soltanto un’antitetanica.
Ma d’ora in avanti come si comporterà, dopo che la sua posizione è emersa in modo così eclatante?
Di eclatante c’è solo quello che è venuto fuori dai servizi giornalistici. La realtà è che io ho un rapporto di comunicazione instaurato da anni su questi argomenti. E ho contatti annuali con l’Ordine dei medici. Posso anche dire che i tassi dei bambini vaccinati da me in questi anni sono andati progressivamente aumentando, mentre il trend nazionale e locale è diminuito. Però non sono sotto il 50% delle coperture come è stato detto.
Quindi il Dipartimento di prevenzione e l’Ordine dei medici hanno preso un abbaglio su di lei?
Nessun abbaglio.
E allora perché si interessano del suo caso?
Ci sono stati anche degli incontri di aggiornamento in cui venivano portati i dati dei bambini vaccinati suddivisi per distretti e per pediatra; in quelle sedi mi sono permesso di dire pubblicamente che non mi sembrava corretto andare addosso a ogni singolo distretto e pediatra che vaccina di meno. E comunque accolgo volentieri un’utenza particolare. Ma non sono io il problema.
Però ha votato contro il documento dei pediatri che sollecitava le istituzioni a rendere obbligatori i vaccini per le iscrizioni negli asili, perché?
Perché non credo che si possa ottenere qualcosa in modo coercitivo. Su questo sono contrario.
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