Intervista all'ex prefetto: «I debiti dell’Università popolare? Poco rigore. E al direttore si può rinunciare»
Garufi, chiamata a raddrizzare i conti dell’Università popolare: «Necessario uno sforzo da Regione e Ministero. Il Comune fuori dal nuovo cda»

Foto Bruni 22.01.16 Il prefetto Adelaide Garuffi
Upt, tra veleni e giochi di potere: come si è arrivati al commissariamento
TRIESTE Ha varcato la porta degli uffici dell’Università Popolare di Trieste lo scorso 19 dicembre. A lei, Francesca Adelaide Garufi, ex prefetto di Trieste, è stato conferito il delicato incarico di commissario dell’ente morale di piazza Ponterosso. Nelle scorse settimane, l’organo commissariale – composto anche da Alessandro Paolini e Marzia Baso – ha chiuso il bilancio consuntivo 2017. Sfogliandolo, il patrimonio netto evidenzia una perdita di 79.963 euro, che va ad aggiungersi alle perdite mai coperte e portate a nuovo dagli anni precedenti di 301.600 euro, per un totale, dunque, al 31 dicembre del 2017 di 381.563 euro. Alla voce “debiti”, inoltre, viene indicata una cifra di 401.946 euro.
Commissario Garufi, siete riusciti ad accertare l’origine di queste perdite?
Abbiamo esaminato i bilanci a partire dal 1999, proprio per capire come si è arrivati a questi disavanzi che, comunque, non sono enormi. Certamente alcune attività svolte dall’ente morale che, ricordo, non ha scopo di lucro, sono in leggera perdita. Le quote associative, ad esempio, non coprono interamente i costi dei corsi. È stato accertato anche che, per quanto riguarda i progetti rivolti alle comunità italiane dei rimasti nei Paesi dell’ex Jugoslavia, in alcuni casi è capitato che certe attività siano state fatte largheggiando nei mezzi.
Cosa intende?
Nella fase della rendicontazione ci si avvedeva che i progetti non erano così come deliberati: dunque, non avevano pieno riconoscimento e di conseguenza non venivano ammessi a contributo. Quindi, poi, finivano a carico di Upt.
In pratica, i progetti definivano un tipo di attività, in corso di realizzazione venivano arricchiti di iniziative, modificati, e per questo non venivano finanziati e alla fine hanno pesato sulle casse di Upt. Dunque, qualcuno ha gestito con leggerezza alcuni passaggi?
Diciamo che non c’è stato il dovuto rigore al fine di non correre il rischio di non vedersi finanziare i progetti.
Le risulta che, ad esempio, per un concerto di Renzo Arbore a Pola siano spuntati dai cassetti ben tre contratti con cifre diverse? Sa qualcosa dell’arredamento e degli accessori di un salone di acconciature che Upt avrebbe acquistato da una galleria d’arte e poi portato in Montenegro, attualmente a disposizione di un parrucchiere del posto?
Ci sono alcune circostanze già riscontrate dal collegio dei revisori che fanno ormai parte della storia. Sulla questione del salone di acconciature farò accertamenti.
Tra i compiti affidati alla gestione commissariale c’è anche quello di redigere un nuovo statuto, che dovrà essere sottoposto all’approvazione della Regione e della Farnesina: il nuovo statuto prevederà la presenza nel cda del Comune di Trieste?
Come principio ormai di carattere generale dello Stato italiano, l’idea è di stringere il cda al minimo, 3-5 componenti al massimo, con membri indicati dagli enti finanziatori, dunque Regione e Ministero. Per mantenere un collegamento con il territorio si potrebbe formare un comitato scientifico con Comune, Università e Conservatorio Tartini.
Approvato lo statuto, si procederà con la nomina dei nuovi organi alla guida dell’ente?
Certo. Nel frattempo, la gestione commissariale – che ufficialmente resta in carica fino al 30 giugno – potrà essere prorogata fino all’insediamento dei nuovi organi statutari.
Per sistemare la situazione economica di Upt, servirà un contributo della Regione e del Ministero?
Ci vorrà uno sforzo da parte degli enti commissarianti.
Crede che l’incarico del direttore generale, Fabrizio Somma, sia ancora compatibile con l’ente e con l’esigenza di un nuovo capitolo, seppur in continuità, della storia di Upt?
In fase di cambiamento dello statuto, anche sulla figura del direttore generale andrà fatto un ragionamento. È una figura sovrabbondante per un ente così snello, con dieci dipendenti. Si delinea una configurazione organizzativa dell’ente diversa da quella odierna, con un’area dedicata alla parte economico-finanziaria, e una alla parte relazionale e organizzativa di corsi e progetti, che forse non necessita della figura del direttore generale. —
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