Intercettazioni di un’indagine su Generali trovate dentro il pc in casa di un finanziere triestino

Vice brigadiere a processo col fratello, dipendente di un’azienda di assistenza tecnica: i file anche sul computer della ditta
Un tecnico al lavoro con una centralina telefonica. ANSA/FRANCO SILVI
Un tecnico al lavoro con una centralina telefonica. ANSA/FRANCO SILVI

TRIESTE Le intercettazioni telefoniche di un’indagine sulle Assicurazioni Generali trovate nel pc di casa di un finanziere triestino, il vice brigadiere del Nucleo di Polizia Tributaria Francesco Santoro.

Cosa ci faceva il finanziere con quei file audio? File che contenevano conversazioni tra dirigenti sulle trattative per un fondo di investimento da oltre un miliardo di euro, su cui la Procura di Trieste aveva voluto vederci chiaro decidendo poi di archiviare la pratica. Nessun illecito, dunque, per la compagnia assicurativa.

Ma perché quelle intercettazioni non erano al posto giusto, cioè soltanto negli archivi investigativi? Com’erano finite le copie nel computer dell’appartamento privato del finanziere? E quale destinazione avevano? Sembra materia da spionaggio industriale.

È un giallo, sicuramente, di cui è chiamato a venire a capo il Tribunale, adesso che il militare – dopo la sospensione dal servizio – è finito dritto a processo per concorso in «rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio». Con lui il fratello, Gianluca Santoro, dipendente di una società privata, l’Area spa, specializzata nella fornitura dei server e nell’assistenza tecnico informatica necessaria alle attività di intercettazione e conservazione dei dati. Entrambi sono stati rinviati a giudizio dal gup Luigi Dainotti.

Ma al di là della vicenda sulla compagnia assicurativa, vittima di uno scambio di informazioni riservate e potenzialmente compromettenti (era materia di indagine), l’intero caso giudiziario solleva infiniti interrogativi sulla protezione dei dati. Su chi li custodisce. E come.

La storia è più complessa ed è allargata a diverse Procure. Già, perché nell’inchiesta (durata anni), che il procuratore Carlo Mastelloni ha seguito personalmente con il pm Maddalena Chergia, è stata scoperta pure un sorta di “doppio archivio” nella disponibilità dell’Area, con dentro migliaia di intercettazioni. Tutto è cominciato da Trieste per puro caso. Un guasto a un server.

L’AVVIO DELL’INDAGINE

È settembre del 2014 quando il server della sala intercettazioni della Procura di Trieste va in tilt. Un “crash” che viene riparato. Ma che però, da quanto risulta, resta ignoto per mesi ai vertici della Procura, fino a quando qualcuno si accorge di un insolito «disallineamento» tra gli audio e i brogliacci. Ci sono anche buchi nelle registrazioni. La Finanza cerca di far luce sull’episodio, scoprendo che nel corso della notte del guasto in quella sala avevano avuto acceso i tecnici dell’Area spa. Accessi finalizzati a risolvere il tilt ma, da quanto risulta, non autorizzati. Non come da procedura, almeno. Ed emerge un dettaglio fondamentale per l’intera istruttoria: l’uomo che fa entrare i tecnici è un finanziere del Comando di Trieste, Francesco Santoro. Che ha un fratello nella ditta.

I FILE NEL COMPUTER

Scattano gli accertamenti negli uffici dell’Area, che ha sede in Lombardia (a Vizzola Ticino). Dalle verifiche viene a galla che un certo numero di intercettazioni non compare più solo sul server della Procura di Trieste ma pure sul pc dell’impiegata della società privata che si era occupata del guasto, la Area appunto, chiamata a recuperare i file audio persi. È dicembre 2015. Il caso ha risalto sulla stampa nazionale, perché nel computer spuntano anche migliaia di intercettazioni di altre Procure. Con tanto di nomi e numeri sugli indagati. Una violazione visto che dati del genere, per legge, devono rimanere solo sui server delle Procure. Gli interrogativi sono ovvi: qual è il livello di protezione di informazioni così delicate? Chi assicura che non passino a mani interessate?

IL FINANZIERE TRIESTINO

La Finanza avvicina la lente anche sul vice brigadiere che lavora nel Nucleo di Polizia Tributaria di Trieste, Francesco Santoro, proprio colui che secondo le indagini avrebbe fatto entrare i tecnici dell’Area nella sala intercettazioni della Procura giuliana. Il finanziere ha un fratello, Gianluca, dipendente proprio dell’Area. Abitano assieme. Gli investigatori vanno a fondo. Nelle perquisizioni su un pc che i due tengono in casa, spuntano venti brogliacci con le conversazioni intercettate alle Generali. Era stato proprio il vice brigadiere a occuparsene. Per le operazioni tecniche la Procura stavolta si era servita di un’altra ditta, la Innova. Ma il materiale era passato al fratello, dipendente dell’Area, azienda concorrente. Francesco Santoro avrebbe copiato i dati riservati su una memoria esterna trasferendoli poi nel pc in uso pure al fratello. Senza protezione alcuna e visibili sul desktop. Quindi a chiunque. La scoperta avviene nelle stesse settimane in cui gli investigatori trovano le migliaia di tracce audio sul pc dell’impiegata dell’Area. Un bubbone: file di intercettazioni con nomi e cognomi che passano da una parte all’altra del Paese. Da una Procura alla scrivania di casa. —


 

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