Intellettuali e politici scrivono all’Ue: «Alt alla deriva autoritaria di Orban»
Budapest. Nell’Europa martoriata dalla pandemia di Covid-19 c’è un buco nero che sta inghiottendo quei princìpi democratici e quelle norme sociali e istituzionali sulla base delle quali l’Unione europea di Gualtiero Spinelli e Renzo Rossi si è formata e plasmata.
Quel buco nero si chiama Ungheria e lo “scienziato” politico che l’ha lanciato contro, quell’a volte incerto, ma comunque libero, equilibrio democratico occidentale, si chiama Viktor Orban. E contro il sovranismo populista del premier magiaro, che tanti accoliti trova e raduna attorno a sè - è risaputa la grande amicizia con il primo ministro sloveno Janez Janša - ha alzato la sua voce Civico Europa il nuovo nome del Movimento del 9 maggio, un collettivo creato da un gruppo di personalità del mondo politico e culturale europeo in occasione della giornata dell'Europa 2016.
Alla lettera aperta scritta su iniziativa di Laszlo Andor, Guillaume Klossa, Francesca Ratti e Guy Verhofstadt hanno apposto la loro firma numerosi intellettuali, filosofi, politici, uomini di Stato e di cultura tra cui ricordiamo l'ex presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e l'ex primo ministro finlandese e vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen. Ma ci sono anche Slavoj Zižek, Carl Bildt, Miljenko Jergovic, Bernard-Henri Lévy, Fernand Savater. In tutto 75 firme.
L’approccio è molto diretto. Dopo aver ricordato che con un decreto del 30 marzo scorso il premier ungherese ha in pratica assunto pieni poteri, si denuncia che «una tale concentrazione di potere non ha precedenti nell'Unione europea. Non serve per combattere il Covid-19 o le sue conseguenze economiche; apre invece la porta ad ogni tipo di abuso, con beni pubblici e privati ormai alla mercé di un esecutivo che ha ampiamente perso di credibilità. È l’ultimo atto della decennale deriva dell'Ungheria verso l'autoritarismo, ed è pericoloso».
Il Parlamento europeo ha analizzato e condannato due volte questa deriva antidemocratica con i rapporti degli onorevoli Tavares e Sargentini, rispettivamente nel 2013 e nel 2018. L'Unione rischia di screditare tutti i suoi sforzi nella promozione dei processi democratici, dello stato di diritto, della trasparenza, della solidarietà e del dialogo sociale non solo in tutti gli Stati membri, ma anche tra i Paesi candidati.
Per far fronte a questa pandemia che colpisce una intera generazione, «tutti i paesi dell'Unione devono adottare misure difficili che, in una certa misura, limitano i diritti civili dei loro cittadini - si legge ancora nella lettera-documento -. Tuttavia, queste misure rimangono proporzionate, giustificate e di natura temporanea. Legiferare per decreti e per un tempo indeterminato è invece una misura sproporzionata che costituisce una grave violazione dei trattati dell'Ue, della Carta dei diritti fondamentali e della Convenzione europea dei diritti umani».
Dunque un monito che dal caso ungherese deve essere raccolto anche da tutti gli altri Stati in cui adesso si legifera (per necessità di reazione rapida all’epidemia) a colpi di decreti legge con i Parlamenti che rischiano di avere pericolosamente un ruolo secondario. «Per questo motivo, denunciare e sanzionare l'attacco di Orban alla democrazia - scrivono gli intellettuali europei - è oggi più che mai cruciale».
A livello operativo nella lettera si chiede esplicitamente alla «Commissione, quale guardiana dei Trattati, di reagire con urgenza e di proporre sanzioni proporzionate alla gravità di tale inaccettabile violazione delle regole e dei valori europei. Il Parlamento Europeo ed il Consiglio dovranno immediatamente adottare tali sanzioni». Il Covid-19 deve essere e sarà sconfitto, secondo le parole dei settantacinque firmatari, grazie a processi democratici, ad azioni trasparenti e ad un'informazione pluralistica. È difendendo questi valori che mobiliteremo la maggioranza della popolazione europea e faremo in modo che la nostra comune strada verso la ripresa goda del più ampio supporto possibile.
Stop, dunque, alle “democrature” sorte grazie allo scardinamento dei valori democratici e sociali per mezzo del “chiavistello” coronavirus. Il vulnus è profondo, inferto nel cuore dell’Europa, mentre altri leader politic nella stessa regione agitano i propri coltelli.
Basta guardare alla Serbia di Aleksandar Vučic il super capo dello Stato che usa il suo governo solo per firmare quanto stabilito da lui e con la libertà di stampa ridotta ai minimi termini. Senza scordare l’accolito numero 1 di Orban, Janez Janša, anche lui si agita tra un malcelato e pericoloso militarismo. —
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