Ingresso negato a Vučić in Croazia. È crisi diplomatica con Belgrado

Il presidente serbo voleva visitare in forma privata il campo di sterminio di Jasenovac. Scambi d’accuse

Mauro Manzin
il presidente della Serbia Aleksandar Vučić
il presidente della Serbia Aleksandar Vučić

ZAGABRIA Voleva visitare Jasenovac ieri il presidente della Serbia Aleksandar Vučić, per rendere omaggio alle migliaia di serbi trucidati nel terribile campo di concentramento degli ustascia, gli uomini del Poglavnik Ante Pavelić che guidava lo Stato di Croazia messo su da Mussolini all’interno del Regno della Jugoslavia. Ma voleva farlo da privato cittadino senza seguire i normali canali diplomatici che si innescano in casi come questo. E il no secco ricevuto dalla Croazia ha aperto un altro profondo e pericoloso solco tra i due Paesi nemici fino al 1995.

Vučić ha contattato il presidente della Sdss (il partito dei serbi in Croazia) Milorad Pupovac e gli ha detto che stava programmando una visita privata a Jasenovac. Avrebbe detto a Pupovac che sarebbe venuto in visita privata in Croazia e che, se avesse voluto, avrebbe potuto unirsi a lui e, se lo avesse ritenuto necessario, informare anche il governo croato. Pupovac ha detto chiaramente al primo ministro Andrej Plenković che Vučić lo aveva contattato e il governo è rimasto sgomento per il modo in cui il presidente serbo ha pianificato di creare il caos in Croazia.

«Senza notifica ufficiale alle autorità croate, senza coordinamento con l'ambasciata, Vučić ha voluto attraversare il confine dalla Bosnia-Erzegovina, ovvero la sua entità Republika Srpska, e arrivare a Jasenovac intorno alle 11, e poi a Pakrac intorno alle 14. Qui, secondo il governo, l'intenzione era ovviamente quella di provocare la parte croata alla vigilia dell'anniversario dell’Operazione Tempesta, mentre ora il presidente serbo potrà fare la vittima in Serbia perché i croati non gli hanno permesso di entrare nel Paese», dicono fonti di palazzo.

«Non ha rispettato nessun protocollo, ha voluto fare tutto al di fuori delle procedure e delle regole delle relazioni diplomatiche. Voleva attraversare il confine croato con le sue troupe televisive e fare quello che voleva qui. Ma il primo ministro Plenković e il governo hanno detto chiaramente di no. La politica del "mondo tutto serbo" in Croazia non funzionerà per lui» ha spiegato ancora una fonte interna ai Bansko Dvori.

Vučić, tra l'altro, ha accennato a cosa stava preparando qualche giorno fa. Alla televisione filogovernativa Pink ha affermato che nessun presidente serbo è stato a Jasenovac prima di lui. Vučić, parlando nel contesto del genocidio di Srebrenica, che definisce un «crimine orribile», ha affermato di aver capito «perché molti stranieri si recano al memoriale di Srebrenica», ma che «non è affatto chiaro perché non si va al memoriale delle vittime a Jasenovac». Ma Vučić è stato subito corretto dall’ex presidente Boris Tadić. Fu lui il primo presidente serbo a recarsi a Jasenovac nel 2010. «La differenza fondamentale tra me e Vučić - ha precisato Tadić - è che non ho usato le mie visite nei luoghi di sofferenza per la competizione e per incitare all'odio e al falso patriottismo».

Immediate le reazioni a Belgrado dove la premier Ana Brnabić ha definito l’episodio «il più grande scandalo nella storia moderna delle relazioni tra Croazia e Serbia». Il “falco” ministro degli Interni Aleksandar Vulin ha introdotto subito un regime speciale per tutti i funzionari e diplomatici croati in visita in Serbia.

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