Ingiuriò l’inferiore, finanziere condannato

Parole grevi a un maresciallo sul lavoro eseguito, dal Tribunale militare 4 mesi a un tenente colonnello
Lasorte Trieste 14 04 05 - Caserma Guardia Finanza - Via Giulia
Lasorte Trieste 14 04 05 - Caserma Guardia Finanza - Via Giulia

«E anche il giornale di stamattina, perché non me lo avete portato? Mi spetta, mi è dovuto. Io ho qui il mio quotidiano, ma questo qui lo leggo a casa. Voi dell'Ufficio Comando avete un atteggiamento di m.... Quando c'è il comandante provinciale vi comportate da “leccac...". Io devo lavorare, fare la rassegna stampa». Il rimprovero rivolto a un maresciallo della caserma della Finanza di via Giulia era stato decisamente inopportuno e pesante. Tanto pesante da portare a una condanna a quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per il tenente colonnello Paolo Leo, responsabile dell’Ufficio operazioni, accusato di ingiuria a inferiore.

A pronunciare la sentenza contro l’alto ufficiale è stato il giudice Massimo Bocchini che ha presieduto il collegio del Tribunale militare di Verona competente per i reati degli uomini in divisa. Il giudice ha accolto le richieste avanzate dal pm Luca Sergio.

L’episodio è datato 28 agosto 2012. Una giornata quantomeno evidentemente molto calda per le modalità con cui il tenente colonello Leo rimproverò un maresciallo che non aveva eseguito il lavoro nei modi e nei tempi da lui richiesti. Tanto da provocare l’esplosione di rabbia e risentimento per la quale poi è finito nei guai. Quelle frasi (che vengono riportate integralmente nel capo di imputazione) furono pronunciate davanti ad altri due marescialli e a quel punto per l’ufficiale scattò la denuncia. Il suo era stato un linguaggio crudo, decisamente fuori dalle righe. Il suo difensore, l’avvocato Guido Beghini, chiedendo che l'indagine venisse archiviata ha presentato una memoria nella quale non solo venivano riportate le caratteristiche dell'ufficiale (noto per la condotta ineccepibile e per la dedizione al lavoro) che «pretende serietà e rigore da se stesso e dai propri collaboratori» ma anche la «traduzione» di quel linguaggio crudo e colorito con il quale si era rivolto ai sottoposti lamentandone la scarsa efficienza.

Ma per i giudici militari il tenente colonnello Leo ha proprio esagerato additando i collaboratori come persone di cui non ci si poteva fidare, tanto da avere chiesto di essere destinato a un incarico diverso; li aveva anche accusati di andare «in giro al centro commerciale “Il Giulia”» e invitati a «non segnarsi la pausa pranzo». Il nome del tenente colonnello Leo compare anche in un altro procedimento del tribunale militare relativo a un asserito episodio di insubordinazione da parte di un appuntato per il quale il graduato è stato assolto. (c.b.)

Riproduzione riservata © Il Piccolo