Ingegnere triestino ai vertici di Maersk: “Leo” capo a 39 anni della flotta container

Leonardo Sonzio, dopo la laurea nella sua città, ha fatto strada prima in Finlandia e poi in Danimarca: ora il ruolo top
Leonardo Sonzio
Leonardo Sonzio

TRIESTE Leonardo Sonzio è un triestino purosangue. A Trieste è cresciuto e si è laureato in Ingegneria navale, ma non ha lavorato neppure un giorno della sua vita in Italia.

A 25 anni ha scelto l’estero e, 14 anni dopo, Trieste può vantarsi di avere uno dei suoi figli ai vertici dello shipping mondiale, perché Sonzio è appena stato nominato responsabile della flotta container di Maersk.

Il gigante danese è la prima potenza globale del trasporto via nave e il manager giuliano è chiamato a coordinare 350 unità oggi in servizio sulle rotte globali.

«Gestirò le operazioni di flotta: le navi devono operare 24 ore su 24 e sette giorni su sette nel modo più sicuro ed efficiente possibile, considerando costi carburante, manutenzione e personale di bordo», osserva lo stesso Sonzio, che a 39 anni gode dello spazio che le multinazionali dei paesi nordici sono pronte a dare ai giovani capaci di mettersi in mostra.

La storia dell’ingegnere triestino comincia a Helsinki: «Nel 2007 ho iniziato in Finlandia come analista per Wärtsilä, lavorando molto su nuove forme di propulsione e abbattimento delle emissioni». Poi il passaggio a Maersk nel 2015: «Ero nel comparto navi cisterna, con un incarico simile a quello di oggi, ma riguardante 80 unità. Ho sempre sognato di lavorare per un armatore, per entrare in contatto con il mare, le operazioni navali e le persone a bordo, perché la cosa più bella del mio lavoro è stare sulle navi con gli uomini e le donne che ci navigano ogni giorno».

Nel 2017 Sonzio diventa capo operativo della società Svitzer, controllata di Maersk nell’ambito dei rimorchiatori. Negli scorsi giorni arriva infine il salto, con la nomina a vicepresidente e capo operazioni della flotta container.

«In un gigante come Maersk sono parecchi i vicepresidenti che gestiscono la catena logistica», si schermisce Sonzio, quasi a voler nascondere che il ruolo ha un peso fondamentale sulle attività di una compagnia che poggia il suo business sul traffico di contenitori.

Per Trieste la presenza di un manager in una posizione così alta nel mondo della logistica potrebbe rivelarsi un vantaggio inaspettato.

«Guardo i numeri da Copenaghen e fa piacere vedere l’aumento dei volumi del porto di Trieste. Ora c’è attesa per la Piattaforma logistica e il Molo VIII, perché la crescita dei traffici crea un circolo virtuoso: più crescono i volumi, più fai economia di scala e più puoi attirare nuove navi, generando indotto e occupazione. Ma saranno fondamentali servizi affidabili e tempi di attesa ridotti al minimo», aggiunge Sonzio.

E Zeno D’Agostino? «Lo conosco dalle cose che leggo, ma è stato davvero bello vedere portuali, terminalisti e politica compatti a sostegno del presidente del porto: un’armonia mai vista, che fa ben sperare per il futuro».

Riguardo l’utilizzo dello scalo giuliano da parte di Maersk, Sonzio sottolinea che «la nostra rete logisitca è in costante evoluzione e muoviamo le merci nei porti più efficienti ed affidabili. Da triestino faccio ovviamente il tifo per il porto di casa».

Il manager ora è chiamato però a partite globali, a cominciare dalla gestione della crisi Covid: «Il problema principale riguarda gli equipaggi, che per la chiusura di aeroporti e scali non riusciamo a sbarcare, prolungando di mesi la durata dei contratti a bordo. La gente deve sapere che il flusso di merci e medicine è stato mantenuto vivo grazie al sacrificio commovente dei marittimi».

Sonzio spiega quindi che «la previsione è che il nuovo anno ci riporti a livelli pre-Covid, pur con tutte le incertezze legate a possibili nuove fasi di infezione. Probabilmente le catene di fornitura saranno ridisegnate: finora la convenienza di costo era il parametro fondamentale, ma molte industrie si sono rese conto che la convenienza precipita se non riesci a fornire le merci davanti a un blocco della produzione. Si riparte daccapo, cambieranno i partner commerciali e si imporrà una visione multilaterale».

Poi il pensiero torna all’Italia: «Non ho mai lavorato nel mio Paese – racconta il triestino – ma ho profonda riconoscenza per il nostro sistema educativo e per il percorso universitario fatto a Trieste. Sono partito per un’avventura, entrando in un mondo internazionale come quello dello shipping, ma mi piacerebbe domani tornare in Italia, di cui mi mancano cultura e società».

Non gli manca invece la lentezza delle progressioni di carriera: «Ho avuto enorme fiducia dai miei superiori. Mi piacerebbe portare questa cultura aziendale in Italia. Perché “se pol” e perché abbiamo talenti per renderlo possibile».—


 

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