Influenza A, il grande flop del vaccino a Trieste
Usate 1800 delle 64mila dosi. Già restituite alla Regione le fiale intatte. E lo Stato ha speso quasi 900mila euro
Era previsto che Trieste consumasse 128 mila fiale di virus contro l’influenza A. Ma nessuno ha bussato alla porta: l’Azienda sanitaria ne ha distribuite solo 1800. Ha restituito e rifiutato le altre. Dieci milioni di fialette sono ancora conservate nei frigoriferi delle Aziende sanitarie italiane. Da ottobre, quand’è iniziata la distribuzione del farmaco anti-pandemia si sono vaccinate circa 840 mila persone, un’inezia. Il ministero è in possesso di altri 14 milioni di pezzi (senza possibilità di restituzione o di rimborso). Il prezzo complessivo è stato di 184 milioni e 800 mila euro, Iva inclusa. Il secondo stock attende di essere recapitato, ma certamente non lo sarà. Il più grande flop della politica sanitaria e degli esperti di epidemiologia, ha già detto qualcuno, e la Corte dei conti ha messo il naso nel contratto fra Stato e azienda farmaceutica. Di chi la colpa?
La paura per il «virus mutato» c’era, il contagio correva a una velocità sei volte superiore a quella dell’influenza normale, la scorsa primavera il debutto del virus H1n1 era avvenuto con molti morti, prima in Messico, poi in Inghilterra. Panico globale. e lavoro a cottimo per isolare subitissimo il nuovo vaccino (prima di altri concorrenti).
A Trieste, dove l’Azienda sanitaria ha ricevuto il farmaco dalla Regione, che sua volta lo ha ricevuto dal ministero acquirente, le dosi arrivate col primo viaggio sono state 64 mila. Settimana dopo settimana i «vaccinandi» sono stati iscritti secondo categorie, alla fine dai lattanti agli anziani. Ma a oggi si sono vaccinate appunto solo 1800 persone in tutto. Praticamente nessuno. Basta calcolare che il vaccino dell’influenza stagionale convince non meno di 50 mila cittadini all’anno, con una copertura vicina al 60% delle categorie considerate a rischio, per vedere la differenza.
Ma non basta. Un altro contingente di 64 mila fiale era previsto in arrivo a Trieste per questi primi mesi del 2010. Considerato che il prezzo per fiala, esclusa l’Iva, è di ben 7 euro, solo per questa provincia lo Stato ha dunque già speso quasi 900 mila euro.
«Naturalmente i vaccini avanzati li abbiamo già restituiti alla Regione - afferma il responsabile del servizio Malattie infettive dell’Azienda sanitaria, Fulvio Zorzut - ce ne siamo tenute solo 15 mila dosi, e ne abbiamo usate appunto solo 1800. Le prossime 64 mila, è ovvio, non le vogliamo». Stanno in frigo, andranno in un altro frigo, ma già si sa che la durata non è da surgelato, bensì ristretta a un anno. In più l’azienda produttrice, la svizzera Novartis, un colosso quotato in Borsa, si è cautelata nero su bianco anche di fronte ad altre possibili nefaste fantasie della natura, cioé a una nuova e seria mutazione del virus, tale da rendere inefficace questo farmaco: il ministero dovrà tenersi tutto lo stock precedente, in più comprare la versione aggiornata.
Per vedere come le cose siano andate al contrario rispetto alle previsioni, e come dal terrore iniziale - scatenato dall’Organizzazione mondiale della sanità e da medici, e ovviamente veicolato attraverso i mezzi di comunicazione mondiali - si sia passati alla completa indifferenza rispetto alla «flu» che infine entrava nelle case, basterà vedere qualche percentuale. A Trieste i meno solleciti a vaccinarsi sono stati proprio i più sollecitati: il personale sanitario. Si è vaccinato il 7-8% del totale. A livello nazionale il doppio. Per l’influenza stagionale si vaccina il 20%.
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