Infiltrazione mafiosa in una ditta del porto di Trieste

Interdittiva della Prefettura nei confronti della società “Depositi Costieri”. Nel mirino il passaggio di proprietà alla “Life”. Chiesto anche il fallimento
Il Tribunale di Trieste
Il Tribunale di Trieste

TRIESTE Le mani della mafia sul porto di Trieste. Quello che finora sembrava soltanto un pericolo, un rischio associato ai futuri investimenti in Porto vecchio, si sta invece palesando in tutta la sua realtà. Il caso è esploso ieri attraverso una comunicazione della Procura. O, meglio, del procuratore capo Carlo Mastelloni che ha parlato chiaramente di «infiltrazioni».

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Lo ha fatto riferendosi a una vicenda societaria di un’impresa che opera all’interno dello scalo triestino: la “Depositi Costieri Trieste spa” che gestisce la movimentazione e lo stoccaggio dei prodotti petroliferi nel punto franco oli minerali. L’azienda, su cui pende una richiesta di fallimento da parte della stessa Procura per debiti milionari, è stata bloccata dal prefetto di Trieste Annapaola Porzio con un provvedimento di interdizione. La procedura scatta quando le autorità preposte ai controlli si accorgono di possibili intrecci con la criminalità organizzata. In questo caso la camorra. Il provvedimento è scaturito al termine degli accertamenti compiuti nei confronti dell’impresa durante un’operazione di acquisizione societaria: Dct è stata acquistata da “Life”, un’azienda composta da imprenditori prevalentemente campani. «Le conclusioni a cui è arrivata la nostra istruttoria – ha affermato il prefetto Porzio – non ci fanno ritenere sufficientemente affidabile la società sotto il profilo di una totale assenza di infiltrazione mafiosa».

Guardia di Finanza
Guardia di Finanza


È stato il Nucleo della Guardia di Finanza di Trieste a portare a galla i dettagli della transizione: le quote della Depositi Costieri erano di proprietà della “Giuliana Bunkeraggi”, amministrata dal triestino Franco Napp, amministratore delegato di Ttp. Dal 1° giugno 2017 – ecco il passaggio nel mirino – la Bunkeraggi aveva ceduto l’intera partecipazione alla Life al prezzo di 4,5 milioni di euro. L’attenzione degli organi di polizia si era focalizzata sulla spa triestina dopo aver appurato l’enorme debito che si trovava a fronteggiare la ditta, dovuto al mancato pagamento della accise.

L’ammanco erariale risale in realtà ad anni fa ma si è consolidato tra il 2015 e il 2016. La cifra ammonta a ben 32 milioni di euro più altri 9 di sanzioni. Di qui la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica alla Sezione fallimentare del Tribunale di Trieste di dichiarare il fallimento di Depositi Costieri Trieste spa. Il palazzo di giustizia, in particolare, ha accertato «la sussistenza dei presupposti di fallibilità» in merito «alla situazione di insolvenza che, a partire dall’ottobre 2016, si era verificata in coincidenza con la notifica dei primi avvisi di pagamento da parte dell’Agenzia delle Dogane». Sono in ballo una ventina di posti di lavoro. Con l’indotto si arriva a cento.

Ma sono le indagini successive ad aver messo in luce il resto: i possibili intrighi con la camorra maturati con il passaggio di proprietà. L’informativa antimafia era stata sollecitata nei mesi scorsi dalla stessa Autorità portuale prima di autorizzare la modifica della compagine societaria. Contro il provvedimento della Prefettura può essere presentato ricorso entro 60 giorni. «Conoscevamo già i rappresentanti della Life – ha spiegato Napp – perché erano dei clienti della Depositi Costieri tramite un’altra loro azienda. Si sono offerti di rilevare la spa. Non immaginavamo di imbatterci in una situazione del genere».

Il commento del procuratore capo Carlo Mastelloni è però netto: «L’iniziativa prefettizia sottintende una infiltrazione mafiosa all’interno della struttura portuale di Trieste – le sue parole –, una struttura in trend positivo, così come il porto di Genova». A detta del magistrato «occorre rimodulare l’organizzazione interna del porto per quanto concerne sorveglianza e intelligence, proprio ai fini di evitare meccanismi di infiltrazione tesi a guadagnare il futuro economico dell’ente porto, a Trieste come altrove. I porti sono vere metropoli e quindi è ovvio che gli appetiti della criminalità organizzata ne tengano conto e facciano tentativi per accaparrarsi zone al loro interno in vista di traffici illeciti. A Trieste, dove si stanno facendo modifiche strutturali e progetti anche politici – ha concluso – è importantissima la vigilanza».

Dal canto suo l’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale ha avviato il procedimento di decadenza della concessione demaniale nei confronti di Depositi Costieri. «Nel porto di Trieste – ha dichiarato il presidente Zeno D’Agostino – è forte e diffusa la volontà di difesa della legalità, in piena sintonia con le istituzioni e con le forze dell’ordine, di cui l’Autorità portuale è argine contro ogni tentativo malavitoso». Le indagini sono in corso: c’è un forte riserbo ma potrebbero avere ulteriori sviluppi.

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