«Infermieri costretti a fare i tappabuchi negli ospedali»

La denuncia del NurSind: «Operatori di Gorizia e di Monfalcone mobilitati d’ufficio a Palmanova. Nelle sale operatorie 12/14 reperibilità a fronte delle 6 contrattuali»
Di Francesco Fain
L' interno dell'ospedale Lotti di Pontedera fotografato questa mattina 19 dicembre 2011. Giornata di possibili disagi negli ospedali per l'adesione allo scipero del pubblico impiego di medici e infermieri: a rischio visite specialistiche, esami diagnostici e interventi chirurgici non urgenti, mentre saranno garantite le attività di Pronto soccorso, 118 e gli interventi urgenti. ANSA/STRINGER
L' interno dell'ospedale Lotti di Pontedera fotografato questa mattina 19 dicembre 2011. Giornata di possibili disagi negli ospedali per l'adesione allo scipero del pubblico impiego di medici e infermieri: a rischio visite specialistiche, esami diagnostici e interventi chirurgici non urgenti, mentre saranno garantite le attività di Pronto soccorso, 118 e gli interventi urgenti. ANSA/STRINGER

No agli infermieri tappabuchi. Il segretario provinciale del NurSind Luca Petruz getta luce su un altro fenomeno “causato” dalle coperte sempre più corte in fatto di organici ospedalieri. «Chiediamo di partecipare alla definizione di standard univoci tra le due ex Aziende Isontina e Bassa Friulana perché, con l’attuale prospettiva, per l’ennesima volta agli infermieri non viene garantita la possibilità di operare secondo quanto previsto dal Profilo Professionale (piani assistenziali e lavoro per obiettivi). Nelle Medicine a Monfalcone la dotazione organica è inferiore ai contingenti minimi previsti in caso di sciopero! In Area Critica, sempre a Monfalcone, l’unico Operatore socio sanitario deve fare l’ausiliario, e pertanto vi è un costante demansionamento infermieristico; nelle sale operatorie ci sono gruppi infermieristici che si sorbiscono 12/14 reperibilità al mese a fronte delle 6 dovute contrattualmente; le ferie estive contrattuali non sono garantite nei reparti; gli infermieri di Gorizia e Monfalcone vengono mobilitati d’ufficio a Palmanova a coprire i buchi lasciati dalla precedente amministrazione (due infermieri del Pronto soccorso di Gorizia verso Palmanova, 1 della sala gessi di Monfalcone verso Palmanova, 1 del territorio del Basso Isontino verso il distretto di Cervignano). Petruz chiede alla direzione aziendale di procedere prontamente alla revisione dell’organizzazione degli ambulatori ma tenendo conto delle specifiche competenze e della necessità di formazione: potrebbe divenire una grande occasione di aumento di competenza a favore delle persone assistite, ma il rischio è di fare l’ennesima operazione “tappabuchi”.

Sullo sfondo altre preoccupazioni. «Chiediamo un’accelerazione nella scelta di centralizzare il Punto nascita tra Palmanova e Latisana, come già dolorosamente attuato nel 2014 tra Gorizia e Monfalcone, al fine di salvaguardare la sicurezza delle donne e dei neonati. Esprimiamo invece forte perplessità sulla scelta di abolizione delle degenze di cardiologia: i pazienti cardiologici acuti certo troveranno spazio nelle future Aree di emergenza (sia a Gorizia che a Monfalcone? Solo a Monfalcone?) ma dove verranno trasferiti per concludere il ricovero, visti i tassi di occupazione delle Medicine dei due ospedali superiori al 100%? Mediamente - denuncia il NurSind - sia a Gorizia che a Monfalcone ogni anno venivano ricoverati e dimessi circa 650 pazienti. Quanti fra questi dovranno essere trasferiti a Palmanova e Latisana? E con che criteri? I tagli di posti-letto ospedalieri sono assolutamente in linea con i dettami normativi nazionali, ma il primo passo doveva essere fatto in direzione del potenziamento del territorio, mentre attualmente la capacità di gestione delle patologie a domicilio è fortemente critica per la scarsità di risorse sul campo».

Il sindacato delle professioni infermieristiche rammenta che l’ospedale per intensità di cura (nei piani strategici aziendali) si basa sulla possibilità di dimettere i pazienti e garantire i flussi da un livello di cura al successivo: «se non si riescono a garantire la dimissione ospedaliera, la riabilitazione e l’assistenza domiciliare, il progetto non può decollare!».

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