Indagine su usura ed estorsione a Monfalcone: in cella i due principali indagati
L’uomo di 43 anni considerato la mente era ai domiciliari dallo scorso 7 ottobre. Ora in carcere anche il suo braccio destro

Bonaventura Monfalcone-16.11.2011 Controlli carabinieri agli istituti acustici-Istituto Pontoni-Piazza della Repubblica-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
MONFALCONE È tornato di nuovo in carcere, M.D.A. , 43 anni, originario di Napoli e «con precedenti alle spalle», arrestato in flagranza dai carabinieri il 7 ottobre scorso in piazza della Repubblica per «usura ed estorsione» e poi, a seguito dell’udienza di convalida, finito ai domiciliari in un appartamento del centro. Venerdì sera l’uomo, assistito dall’avvocato Alessandro Barbariol, è stato raggiunto da una nuova ordinanza di sei pagine disposta dalla Procura di Gorizia con cui il sostituto Ilaria Iozzi ha in sostanza chiesto l’inasprimento della misura cautelare.
Lo stesso giorno anche quello che viene ritenuto, sempre dagli inquirenti, il suo più stretto collaboratore, G.M., 57enne disoccupato campano, in passato collega di M.D.A. in una ditta, è stato tratto in arresto e portato alla casa circondariale di Gorizia, nell’ambito della medesima indagine partita nove mesi fa e sfociata in un fascicolo di oltre 1.300 pagine. Due, secondo quanto appreso dal suo legale, l’avvocato Marco Buffolin, le ipotesi di reato contestate dal pm, in concorso con l’altro uomo: estorsione e usura.
Sia il 43enne M.D.A sia il 57enne G.M. ieri mattina, in videoconferenza, sono comparsi davanti al gip del Tribunale di Gorizia Flavia Mangiante, per l’interrogatorio. Entrambi seguiti da un avvocato si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. I legali hanno avanzato istanza di revoca della carcerazione e, in subordine, provvedimenti meno afflittivi. Si attende nelle prossime ore la decisione del gip.
«Non ho ravvisato nulla di nuovo, in quest’ordinanza, da giustificare un inasprimento della misura cautelare esistente – commenta Barbariol –: l’indagato si trova da un mese ai domiciliari, e salvo due WhatsApp ai fornitori di alcune merci, non ha avuto contatti con l’esterno né vi sono stati episodi che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Pertanto non sussistono elementi, né li ho letti, che possano giustificare la carcerazione in questo momento. Mi pare un provvedimento un po’ sproporzionato». Come confermato dall’avvocato, M.D.A. e G.M. abitano nel medesimo condominio (ma in diversi alloggi), dunque, la Procura potrebbe ritenere che la misura dei domiciliari non sia così adeguata a evitare reiterazioni di reato o inquinamento probatorio. M.D.A, comunque continua a ritenersi «del tutto estraneo ai fatti e in grado di spiegare ogni circostanza», come riportato ieri da Barbariol.
Invece non entra nel merito della vicenda, se non per dire che «obiettivamente si tratta di posizioni molto diverse, benché il mio assistito sia accusato in concorso», l’avvocato di G.M., Buffolin: «Ho appreso venerdì dell’ordinanza, che ho letto, ma non ho ancora avuto modo di visionare tutto il fascicolo di oltre 1.300 pagine». Si riserva dunque l’approfondimento degli atti, ribadendo come il cliente, ieri apparso in buona salute, neghi qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.
A M.D.A. i carabinieri della Compagnia di Monfalcone erano arrivati perché un 46enne triestino, impiegato, per ripagare i debiti contratti con l’uomo era finito in una spirale di continue e pressanti richieste di denaro ai familiari, in particolare ai genitori settantenni. Il tasso applicato al prestito, ritenuto «esorbitante» dai militari, sarebbe apparso tale da non rendere facilmente ripianabile il prestito. E i parenti, insospettiti dalle ripetute domande di contanti, si erano recati in caserma per segnalare ai militari l’imminente incontro del congiunto con il suo creditore a Monfalcone. Era febbraio. Otto mesi dopo, il 7 ottobre scorso, a seguito di protratte e articolate indagini, i militari avevano proceduto all’arresto in piazza. Addosso il napoletano, residente da una quindicina d’anni in città, aveva le banconote fotocopiate in precedenza dai carabinieri e consegnate dalla persona con la quale il presunto usuraio – secondo l’accusa della Procura – aveva quel giorno appuntamento in piazza per il ritiro del contante. Dopo l’arresto le perquisizioni al domicilio di M.D.A. e in alcuni locali commerciali. E la denuncia di altri tre soggetti per spaccio di stupefacenti e favoreggiamento. Durante le indagini i carabinieri avevano appurato che «l’indagato, dopo l’apertura di due negozi per lo smercio di prodotti tipici campani in città, si apprestava ad aprire un’ulteriore attività commerciale nel centro». Secondo l’accusa si sarebbe trattato di «denaro proveniente da attività illecite, le cui condotte si sarebbero protratte per alcuni anni». –
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