Indagine su Peperino Nuova serie di sequestri

Sequestri di immobili e quote societarie. Le indagini sulle società legate alla pizzeria Peperino di Pietro Savarese si arricchiscono di un nuovo capitolo. Lo hanno comunicato ieri i finanzieri del...
Lasorte Trieste 14/12/16 - Via Coroneo, Pizzeria Peperino, Carabinieri, GdF
Lasorte Trieste 14/12/16 - Via Coroneo, Pizzeria Peperino, Carabinieri, GdF

Sequestri di immobili e quote societarie. Le indagini sulle società legate alla pizzeria Peperino di Pietro Savarese si arricchiscono di un nuovo capitolo. Lo hanno comunicato ieri i finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Trieste che, su delega della Procura della Repubblica, hanno operato i sequestri di beni «degli amministratori di un gruppo di imprese operanti nella ristorazione a Trieste e in altre località del nord, già peraltro oggetto di attenzione anni fa».

Tre sono gli indagati Nicola Taglialatela, Savarese e Adi Sade, «su cui gravano specifiche accuse che si assommano a quelle precedentemente formalizzate».

Spiega ancora la Finanza: «Il provvedimento cautelare è stato adottato a conclusione di complesse indagini che lo scorso anno avevano acclarato l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale da parte di un notissimo locale triestino, il ristorante “Peperino” appartenente ad un gruppo che, nel solo 2015, ha nascosto al Fisco un milione di euro di incassi». Secondo la Procura i danni per l’erario sono stati pari ad oltre cento mila euro, relativi alle imposte dirette e all’Iva non riscosse. Già l’anno scorso un immobile di pregio, situato in piazza Venezia, risultato essere nella disponibilità di uno degli indagati, fu sottoposto a sequestro “per equivalente” e, ancora oggi, è vincolato.

Spiega ancora la Finanza: «I successivi ed articolati sviluppi investigativi hanno rivelato che gli amministratori del gruppo societario avevano preordinatamente architettato di eseguire un disegno fraudolento, al fine di sottrarsi agli obblighi emersi a seguito di un controllo fiscale condotto dalle Fiamme Gialle nel 2010, anch’esso conclusosi con la scoperta di una rilevante evasione fiscale, ovvero con la notifica di cartelle esattoriali per oltre 220 mila euro». Secondo gli investigatori gli indagati hanno trasferito formalmente il controllo dell’azienda debitrice a “prestanome” nullatenenti per evitare le cartelle, «dopo averla però “svuotata” dei beni aziendali che erano strumentali all’attività di ristorazione. La proprietà del locale è stata ceduta ad una società costituita “ad hoc”, che di fatto ha continuato nella gestione del medesimo ristorante senza preoccuparsi di assolvere al debito tributario».

La Procura ha disposto perciò un ulteriore sequestro “per equivalente” di due immobili, situati in centro e nella rinomata località turistica di Rivisondoli (L’Aquila), nonché di quote societarie relative a sei imprese alle quali sono riconducibili locali del gruppo a Milano e a Udine. Ma nel mirino della Procura e delle Fiamme Gialle ci sono anche altri locali operanti nella ristorazione. Commenta il procuratore capo di Trieste, Carlo Mastelloni: «L’evasione è un male storico dai mille volti, un male purtroppo endemico che non tollera facili alibi». Mastelloni fa riferimento «a vere e proprie holding di pizzerie e trattorie che elaborano sistemi accurati di evasione fiscale. Per fortuna, la Guardia di Finanza riesce a decifrarli e un nucleo di polizia tributaria rinnovato nei metodi e particolarmente alacre, interpreta anche i più callidi sistemi di elusione».

Per Taglialatela, che è anche legale degli indagati, «tutti i sequestri vengono fatti “per equivalente” sulla base di supposizioni di indagine. Nessun procedimento è in corso».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo