Indagine con i licheni, la Centrale promossa con “riserva”

Presentati i risultati dello studio dell’Università di Trieste e dell’Arpa commissionato dalla Regione. Polveri sottili non elevate. Arsenico e Vanadio in 2 delle 44 aree di campionamento, ma altre attività produttive sono probabili fonti di emissione di metalli
Il cantiere di Monfalcone
Il cantiere di Monfalcone

La contaminazione da polveri sottili nell’area attorno alla Centrale A2A di Monfalcone, verificata attraverso l’analisi dei licheni, non è nel suo complesso elevata, con valori medi di naturalità alta o molto alta. Solo in due delle 44 Unità di campionamento in cui è stata suddivisa l’area, le concentrazioni maggiori sono quelle di quattro metalli pesanti, rientrati nelle classi di alterazione da media ad alta. La rilevazione di questi elementi conferma l’ipotesi di una relazione con le emissioni della Centrale, in particolare riferendosi all’Arsenico e al Vanadio, ma è probabile che altre attività produttive presenti nel territorio siano sorgenti importanti per molti altri metalli. Sono queste le conclusioni dello studio di biomonitoraggio nel territorio di Monfalcone che l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, ha promosso nell’ambito di una convenzione tra l’Arpa e il Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste. Le conclusioni di questa indagine sono state presentate oggi in municipio a Monfalcone, dall’assessore Vito, assieme al sindaco Silvia Altran e al Presidente della Provinicia, Enrico Gherghetta. A illustrare nel dettaglio i dati, è stato il professor Mauro Tretiach, del Dipartimento dell’Ateneo triestino, che ha condotto lo studio, presente anche il direttore tecnico-scientifico dell’Arpa, Fulvio Daris, che ha collaborato alla ricerca. L’indagine è la prosecuzione di uno studio pilota commissionato lo scorso anno da una società privata, che allora aveva evidenziato livelli di alterazione di alcuni elementi in uno dei 10 siti allora esaminati. La verifica è stata estesa a 44 punti di rilevamento su un’area di 176 chilometri quadrati. Il risultato finale è comunque quello che l’area del Monfalconese, realtà molto industrializzata, gode sostanzialmente di buona salute.

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