Indagato il comandante della Polstrada
Il pm contesta al tenente colonnello Ponti il reato di corruzione per l’utilizzo di un Suv confiscato

Corruzione all’ombra delle vetture sequestrate, incidentate e confiscate perché i conducenti guidavano ubriachi o sono finiti contro un muro o un’altra auto. La ipotizza il pm Raffaele Tito che in base a una serie di lettere anonime, sussurri da corridoio ma anche riscontri documentali, ha iscritto sul registro degli indagati il nome del tenente colonnello Francesco Luigi Ponti, reggente del distaccamento della Polizia stradale di Trieste. Assieme a lui al momento è coinvolto nell’inchiesta anche un brigadiere della «Radiomobile» dei carabinieri di via dell’Istria che al di fuori dell’orario di servizio inseriva nel computer della ditta Autronica, concessionaria della depositeria comunale, i dati necessari per il disbrigo delle pratiche di vendita delle vetture confiscate.
Due automobili, un Suv che l’accusa ritiene in uso al colonnello Ponti e un’altra vettura incidentata, sono state poste sotto sequestro. Ma i difensori dell’alto ufficiale, gli avvocati Andrea Frassini e Fiorenzo Storelli di Lucca, sono già ricorsi al Tribunale del riesame per disattivare il provvedimento.
«Sono sereno e fiducioso sull’esito dell’indagine che mi coinvolge - ha affermato ieri il comandante della polizia stradale raggiunto al telefono nel suo ufficio. «Mi rendo conto che l’iscrizione del mio nome sul registro della Procura è un atto dovuto per fare chiarezza su tutte le voci e le insinuazioni maligne che sono circolate in questi mesi. Il pm Raffaele Tito non ha potuto far altro che agire in questo modo: ritengo che almeno in questo caso l’avviso di garanzia sia un atto che mi tutela, che mi consente di spiegare in tutte le sue sfaccettature cos’è effettivamente accaduto. Dalle insinuazioni su presunti favori a questo o quello, è invece quasi impossibile mettersi al riparo. Di questa vicenda che mi addolora profondamente sono stati informati subito i miei superiori gerarchici, il Questore e il Prefetto».
Sta di fatto che il colonnello Francesco Luigi Ponti - al di là delle voci fatte circolare in questi giorni in città da svariate fonti - non ha mai lasciato il suo ufficio di via Montorsino. Non è finito in carcere e nemmeno agli arresti domiciliari in una stanza d’albergo come era stato sussurrato. Al contrario continua a lavorare e non è stato nè sospeso dal servizio, nè «invitato» a mettersi in ferie o in malattia. «Spero di chiarire al più presto questa situazione. Ho vent’anni di servizio in polizia, capisco chi indaga su di me e continuo a essere sereno».
L’inchiesta che sul campo è stata direttamente gestita dai carabinieri, era partita dagli uffici della ditta «Autronica», dove il brigadiere era stato sorpreso con le mani sulla tastiera di un computer e con accanto una un buon numero di documenti. La sua abitazione - un alloggio dell’Ater- è stata perquisita, i suoi conti correnti sono stati passati al setaccio, ma al momento non è emerso alcun riscontro oggettivo di quanto era stato insinuato nella lettere inviate alla Procura. Nulla di nulla. In sintesi, secondo l’accusa, agli uomini in divisa che operavano nel delicato settore dei sequestri di autovetture finalizzati alle successive confische, sarebbero state promesse o elargite quelle che il Codice penale definisce «utilità».
Tutto questo - sempre secondo l’accusa - per far omettere o ritardare atti del loro ufficio. Certo è che da tempo tra il comandante della polizia stradale di Trieste e un buon numero di agenti e graduati in servizio in via Montorsino, i rapporti non erano più facili. Il clima si era rabbuiato, deteriorato. All’ufficiale veniva rimproverata una eccessiva severità e rigidità, ches al contrario nelle sedi in cui aveva operato in precedenza - Sassari, Lucca, Rovigo - era stata apprezzata e lodata tanto da farlo diventare uno dei più giovani ”reggenti” di tutta Italia.
Ieri nei corridoi del palazzo di Giustizia a margine del commento di questa inchiesta è corsa voce, che più di 20 dei 30 uomini della polizia stradale di Trieste, negli ultimi mesi abbiano chiesto il trasferimento ad altro incarico o sede.
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