Incubo Iva per chi va in barca in Croazia
TRIESTE. Nuovo inghippo per i diportisti che frequentano l’Istria e la Dalmazia. Non bastava l’obbligo della tassa di navigazione annuale (spiegata con la necessità di manutenzione dei fari e fanali), delle pratiche di entrata (e uscita) con la lista d’equipaggio (durerà fino a quando la Croazia non entrerà tra i paesi Schengen) e della tassa di soggiorno. Ora chi naviga in Croazia deve provare che la sua imbarcazione abbia assolto all’obbligo dei dazi doganali (se dovuti) e dell’Iva pagata quando ha acquistato la sua barca.
Tutto è iniziato quando la Croazia (il primo luglio del 2013) è entrata nella Comunità europea. Alcuni effetti per chi ha la barca però si sono fatti sentire solo ultimamente: in un primo momento si pensava che riguardassero chi aveva acquistato le barche approfittando delle facilitazioni fiscali estere (anche croate) tenendole nei vari marina. Niente affatto: l’obbligo sembra riguardi tutte le imbarcazioni, indipendentemente dalla bandiera, ma soprattutto tutte quelle dell’Ue. A lanciare l’allarme, dopo molte perplessità, approfondimenti, chiarimenti con le stesse autorità croate, due rappresentanti del polo nautico-portuale di Monfalcone: Giorgio Settomini, rappresentante degli spedizionieri ed esperto in materie nautico-diportistiche, e Fabio Pischiutta, broker nautico nel polo del Lisert. Ad evidenziare il problema in maniera netta due documenti dell’Aci Croazia (Adriatic Croatia International Club) titolare delle più numerose marine istro-dalmate e un testo (in perfetto italiano) del ministero delle Finanze, direzione doganale della Croazia.
«Ogni imbarcazione che entra nel territorio doganale dell’Unione europea - spiegano - può essere soggetta al controllo delle autorità doganali, croate o di qualsiasi stato membro dell’Ue. Pertanto si ricorda (è un avviso ai naviganti, ndr) che i residenti Ue sull’imbarcazione, dovranno avere sempre i documenti comprovanti che, per l’imbarcazione, sono stati pagati i dazi doganali e/o l’Iva, in uno stato membro dell’Ue e che l’imbarcazione ha lo status di merce comunitaria. La proprietà e la bandiera che batte l’imbarcazione non sono prove del fatto che una determinata imbarcazione ha lo status di merce comunitaria, sono invece dimostrazione di questo status: il documento T2L, oppure la ricevuta di acquisto in originale, la conferma delle autorità fiscali o altri documenti disponibili che confermino il pagamento dell’Iva». Il problema in realtà per le barche nuove non si dovrebbe porre, è presumibile che i proprietari siano in possesso della ricevuta con tanto di tasse e Iva. Il caos inizia invece per il mare di barche di seconda mano. In Italia tali documenti non sono necessari e per le imbarcazioni che hanno la licenza di navigazione è la stessa Capitaneria che, come in un foglio di proprietà dell’automobile, attesta chi è il proprietario dando per scontato che le tasse sono state pagate all’inizio (dal notaio per i passaggi di proprietà non si paga l’Iva).
Bene, in Croazia, lo spiega “nero su bianco” la direzione doganale, la licenza è carta straccia. Al punto 2, parte finale “Annotazione” è scritto: “l’iscrizione al registro in un paese membro dell’Ue e la bandiera di uno stato dell’Ue non sono prove del fatto che una determinata imbarcazione ha lo status di merce Comunitaria”. Servono dunque fattura originale o il fatidico T2L. Nel caso non ci sia più la fattura? È obbligatorio il T2L che può essere richiesto soltanto all’Ufficio doganale. In Croazia la dogana ha già fatto controlli a tappeto in tutti i marina per tutte le barche con bandiera comunitaria costringendo chi non era in regola a pagare e mettere le carte a posto. Per chi viene in Croazia con la barca? Si annunciano controlli a tappeto e chi non ha la carta verrà fermato e rischia una multa che va da mille (130) fino 100mila kune (13mila euro).
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