Inchiesta sulle spese pazze, doppio rinvio a novembre
trieste. Si rialza il sipario sull’inchiesta sulle “spese pazze” in Consiglio regionale, iniziata ancora nel 2012. Sono i nuovi atti del cosiddetto processo “bis”. Nel mirino, in due filoni diversi, l’uso improprio di denaro pubblico da parte di quattro ex consiglieri regionali e di un’inquilina di Palazzo ancora in carica. Denaro utilizzato, secondo l’accusa, per pagare conti non propriamente legati all’attività politica. . Sul banco degli imputati del Tribunale di Trieste sono saliti ieri Daniele Gerolin (ex consigliere Pd), Federico Razzini (ex della Lega Nord) e Roberto Asquini, già del Gruppo misto, giudicati con rito abbreviato. Seguono invece il rito ordinario, sempre con il medesimo capo d’accusa di peculato, Mara Piccin (attuale consigliera Gruppo Misto) ed Enore Picco della Lega Nord. Quella che li vede coinvolti è la nuova tranche di processi avviati dopo che, a febbraio 2017, la Cassazione aveva annullato il “non luogo a procedere” pronunciato dal gup di Trieste Giorgio Nicoli per cinque dei ventidue consiglieri finiti nel vortice. Ieri però non sono state né emesse sentenze di condanna o assoluzione (attese nel caso dei tre a processo con l’abbreviato) né disposti rinvii a giudizio o proscioglimenti (opzione prevista per Piccin e Picco). In aula c’è stato spazio infatti solo per le discussioni: le decisioni finali sono state rinviate al prossimo 28 novembre, quando si ascolteranno anche le repliche del pm e quelle dei legali.
Per quanto riguarda il primo filone, ieri il pm Federico Frezza ha formulato davanti al gup Guido Patriarchi le richieste di condanna per Gerolin e Razzini, difesi da Luca Ponti e Caterina Belletti: due anni e nove mesi per il primo e 3 anni e due mesi per il secondo. Su Asquini, sempre difeso da Ponti, invece è stata avanzata la possibilità di assoluzione.
Diversa la situazione per Picco e Piccin, che si trovano nella fase dell’udienza preliminare. L’accusa, nel caso di Picco, ha chiesto il rinvio a giudizio per le spese minute, ovvero quelle complessivamente rimborsate ai consiglieri della Lega, che però non si possono ricostruire a causa della distruzione delle carte riguardanti la contabilità per opera dell’ex capogruppo leghista Danilo Narduzzi. Il pm ritiene invece non si debba procedere per i capi d’imputazione relativi all’acquisto di beni strumentali, come stampanti e accessori per fotocamere, già restituiti e rientrati dunque nel patrimonio regionale. «Il pm ha aderito alla nostra tesi di non rilevanza del fatto, tesi confermata anche dalla Corte dei conti», ha specificato il difensore Andrea Gaiardo di Udine. Quanto a Piccin, difesa dall’avvocato Giovanni Borgna, durante le discussioni sono emersi diversi dubbi, che hanno spinto il gup a non esprimersi.
Per sapere se il “destino” dell’ex leghista si dovrà aspettare il 28 novembre: in quella data si terranno come detto, appunto, sia l’udienza preliminare con la decisione del giudice su rinvii a giudizio o archiviazione per Piccini e Picco, sia l’udienza che porterà a sentenza il processo a carico degli altri tre ex. —
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