Inchiesta Coop, è scontro fra Mastelloni e Antonini
Livio Marchetti e Augusto Seghene - il primo in quanto presidente del Cda delle Cooperative operaie commissariate dal Tribunale e il secondo in quanto presunto amministratore di fatto delle stesse Coop operaie - risultano legittimamente indagati per bancarotta checché ne dica il loro avvocato, il professor Alfredo Antonini. Parola del procuratore capo di Trieste Carlo Mastelloni. Che è uomo di poche parole, per lo meno con i giornalisti, ma che in questo caso - è quanto fa trasparire dalla sua nota di precisazione spedita nella tarda mattinata di ieri alla direzione del Piccolo - sente di non potersene proprio stare in silenzio.
Il fax da lui autografato e indirizzato a un organo di stampa ha in realtà un altro destinatario, “di fatto”, cioè il difensore di Marchetti (e Seghene), che proprio attraverso tale organo di stampa aveva assunto, 24 ore prima, una posizione fortemente critica nel merito dell’inchiesta sul caso Coop operaie condotta dai pm Federico Frezza e Matteo Tripani. «Siamo di fronte - aveva dichiarato infatti sul Piccolo di ieri il professor Antonini - a provvedimenti erronei sotto ogni punto di vista, a cominciare dal fatto che si stia indagando per bancarotta in assenza di un fallimento dichiarato. È fuori dal codice. Sarebbe come parlare di omicidio in presenza di una persona ferita in un incidente stradale ma che si confida, nello stesso momento in cui si parla di omicidio, di poter salvare».
Dichiarazioni che in Procura non sono passate inosservate né sono state ritenute, evidentemente, pura tattica di un avvocato che difende chi è oggetto di una determinata inchiesta penale. Ieri mattina, in effetti, nei corridoi della stessa Procura, a un certo punto Frezza e Tripani sono stati visti dirigersi con passo spedito verso la stanza del capo. Frezza aveva il giornale in mano. Un paio d’ore ed ecco che si è materializzato il fax a firma Mastelloni: «Eccepisco unitamente ai miei colleghi titolari della difficile inchiesta - vi scrive il procuratore capo - che il secondo comma dell’articolo 238 della Legge fallimentare prevede proprio che, per i reati previsti negli articoli 216, 217, 223, 224 (si tratta delle varie ipotesi di bancarotta) l’azione penale è iniziata anche prima (della sentenza di fallimento) nei casi dell’articolo 7 e in ogni altro caso in cui concorrano gravi motivi, e sia contemporaneamente presentata domanda per ottenere la dichiarazione di fallimento. Ritengo dunque che nessun provvedimento erroneo sia stato emesso da parte di questa Procura».
«Quanto all’espressione usata dall’avvocato Antonini “siamo fuori dal codice”, si tratta di un’asserzione vera, ma solo nella misura in cui si tratta di un comma di un articolo della Legge fallimentare», chiosa con una dose di ironia Mastelloni. All’orizzonte, per intanto, nella circostanza neanche troppo lontano, c’è un passaggio giudiziario in agenda per lunedì prossimo che non dovrebbe, a prescindere dalle decisioni che ne usciranno, produrre sostanziali scossoni. Ma che, a questo punto, si profila parecchio significativo per lo meno a livello di dialettica tra le parti. Davanti al Tribunale del riesame, presieduto nell’occasione dal presidente del Tribunale penale Filippo Gulotta, sarà discussa l’istanza di dissequestro, presentata dal professor Antonini per conto di Marchetti, delle quote delle Srl immobiliari Cotif e Folium, partecipate al 100% dalle Coop operaie, il cui Cda tuttavia non è a sua volta più in carica, sostituito dal Tribunale dall’avvocato Maurizio Consoli, nominato amministratore giudiziale. Per Cotif e Folium è insomma una questione di principio, anzitutto. Che però, alla luce dello scontro tra Antonini e la Procura, si sta caricando - più di prima - di un significato maggiormente ampio, finendo appunto per toccare le corde delle indagini su Marchetti e Seghene.
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