Incassò 50 mila euro dall’amico, scagionato 63enne di Trieste

Archiviata l’accusa di circonvenzione d’incapace a carico di un 63enne che si era visto bloccare il conto in banca 
Il tribunale di Trieste
Il tribunale di Trieste

TRIESTE Si chiude un incubo per il 63enne triestino sotto inchiesta per circonvenzione di incapace, il cui calvario giudiziario era finito nei mesi scorsi sulle cronache locali e nazionali. Il Tribunale di Trieste ha ora archiviato il caso.

L’incubo è durato un anno esatto: il 3 settembre 2019 l’uomo, da poco in pensione (e incensurato), si era trovato improvvisamente sotto inchiesta dopo aver beneficiato di una donazione da 50 mila euro, ricevuta con un bonifico da un amico di 94 anni.

L’entità della cifra e l’età del mittente avevano suscitato i sospetti del direttore della banca dove l’anziano teneva i propri risparmi. Quel passaggio di soldi era apparso dubbio e così era partita una segnalazione in Procura. Risultato: indagine per circonvenzione di incapace a carico del 63enne e blocco del conto, oltre che dei 50 mila euro. Tecnicamente un “sequestro preventivo” disposto dal pm e autorizzato dal gip. Un atto giudiziario applicato in attesa di accertare l’eventuale incapacità dell’anziano. Tutte le somme depositate erano state pertanto congelate.

Roba insomma da togliere il sonno: l’indagato non poteva più fare un prelievo al bancomat e neppure pagarsi il mutuo. Dopo le prime settimane di choc, grazie all’intervento del legale di fiducia a cui si era appoggiato lo sfortunato triestino, l’avvocato William Crivellari, la pratica sembrava destinata a finire nel cassetto dei brutti ricordi.

Invece no: nonostante già il 26 settembre i giudici del Tribunale del riesame avessero accolto il ricorso dell’avvocato ed emesso un’ordinanza che annullava integralmente il sequestro (non era emersa allora né una comprovata situazione di inferiorità psichica del 94enne, né un tentativo dell’indagato di sfruttare la fragilità dell’anziano, né un pericolo tale da giustificare il vincolo del sequestro), i soldi del 63enne continuavano in effetti a risultare inaccessibili. Anche a novembre, cioè dopo quasi due mesi, la situazione appariva immutata: l’uomo non poteva ritirare contanti allo sportello, né pagare le bollette e le rate del mutuo. Lo stesso per la moglie, co-intestataria di uno dei conti.

Cosa stava succedendo? Di mezzo c’era la burocrazia: il Fug, il Fondo unico di giustizia, l’istituto a cui vengono affidate le somme sequestrate dalla magistratura, non sbloccava i conti. L’avvocato Crivellari non si era dato per vinto e aveva ingaggiato un duro braccio di ferro con funzionari e impiegati, tra mail, copie di documenti, attese in cancelleria e al telefono. A fine novembre (il 26), quindi due mesi esatti dopo l’annullamento del decreto di sequestro da parte del Riesame, il Fug aveva finalmente disposto la restituzione del denaro, attuandola però solo successivamente. Intanto la Procura aveva ordinato una perizia psichiatrica sull’anziano, che si era rivelato pienamente dotato delle capacità cognitive. Di qui l’archiviazione del procedimento, disposta dal gip in questi giorni: «All’esito della perizia psichiatrica effettuata – si legge nelle motivazioni – la notizia di reato è risultata infondata». Fine del calvario. Tanto rumore per nulla. —


 

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