Incalza, il superburocrate che puntò al Porto di Trieste
C'è un capitolo tutto triestino nella complicata parabola di Ercole Incalza, alto boiardo di Stato che secondo la magistratura sarebbe stato al centro di una tentacolare rete di corruzione in ambito di infrastrutture. Nell'ormai lontano 2006 il grand commis fu il candidato della Camera di commercio alla guida dell'Autorità portuale nella “gara” poi vinta da Claudio Boniciolli. «Incalza è un professionista eccezionale - diceva ai tempi il presidente camerale Antonio Paoletti - che vorremmo vedere al vertice dello scalo triestino. Con un curriculum così importante e con incarichi così delicati è comprensibile che sia finito dentro qualche inchiesta, ma ne è sempre uscito pulito».
La proposta di Incalza arrivò in Camera di commercio dopo due fumate nere e il ritiro della prima candidatura, quella di Maurizio Salce, allora vicepresidente esecutivo di Italia marittima, l'ex Lloyd Triestino, che aveva rifiutato dichiarando di non voler rinunciare al suo incarico. Secondo una nota della Cciaa diramata in quei giorni, Incalza incarnava «le caratteristiche di profondo conoscitore e esperto di trasporti, logistica, shipping e urbanistica, essendo al contempo persona al di fuori di schieramenti politici. L'esperienza maturata al ministero dei Trasporti, ma anche nella redazione di progetti attinenti assetti urbanistici, industriali, aeroportuali, portuali, viarii, nonché gli incarichi svolti alle Ferrovie fanno di Incalza un esperto capace di affrontare tematiche che spaziano dallo sviluppo portuale, al miglioramento dei collegamenti stradali e ferroviari del Porto Nuovo, a tutto ciò che concerne il riuso di Porto Vecchio».
Durante una sua visita a Trieste, Incalza stesso aveva mostrato di non considerarsi mero candidato di bandiera, rifiutando però etichette politiche: «Sono un dirigente dello Stato e sarebbe un peccato - diceva - collegare il ruolo professionale a quello politico. Sono indubbiamente un liberista, sulla portualità si vince solo con il mercato».
Il nome del funzionario sarebbe rispuntato nel 2010, quando l'allora sottosegretario triestino Roberto Menia annunciò di aver ricevuto da Incalza la notizia dell'arrivo imminente di 30 milioni per la piattaforma logistica. Milioni che invece scomparvero e riapparvero più volte negli anni. Nel 2014 riecco Incalza tra i potenziali candidati alla guida dell'Authority, almeno secondo voci di corridoio: si sarebbe trattato di un candidato gradito al ministro Maurizio Lupi. L'età non più giovane del gentiluomo e il primo coinvolgimento nelle vicende giudiziarie su Mose e Tav rendevano più difficile una sua comparsa rispetto al 2006.
E a proposito di Lupi, un salto all'indietro fino al 2013: quell'anno l'Autorità portuale di Trieste fu l'unico ente del suo tipo a prendere parte con uno stand al Meeting di Rimini di Comunione liberazione, diventando di fatto uno sponsor della manifestazione. Il Fatto Quotidiano vide in quella peculiare partecipazione un segno di una speciale relazione fra l'ente allora guidato da Marina Monassi e Lupi, ciellino di ferro cui in quel periodo veniva attribuito il merito di aver sbloccato davvero i fatidici 32 milioni per l'altrettanto fatidica piattaforma logistica. Ma Monassi, allo stesso quotidiano replicò fermamente. Quanto era costato quello stand? «Non ne ho la più pallida idea, perché io non ho pagato. Sono invitata», precisò da Rimini.
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