In via Duca d’Aosta 13 ettari di aree militari
Caserme, polveriere, bunker, osservatori, magazzini, poligoni di tiro, basi missilistiche: chi più ne ha più ne metta. Con la Guerra fredda, sul territorio del Friuli Venezia Giulia è stato disegnato e realizzato un vasto sistema di difesa con impianti militari di ogni tipo e grandezza. Per respingere un eventuale attacco dall’Est, la Nato aveva previsto sul Carso goriziano anche un sistema di difesa con mine atomiche. Dopo il disgelo questa rete militare è stata letteralmente abbandonata e oggi, all’interno dei tessuti urbani o delle campagne, rimangono delle cicatrici inaccessibili. Spesso si tratta di strutture non censite, sconosciute agli stessi piani regolatori comunali. La strategia nazionale di sdemanializzazione avviata nel 2001 non ha seguito una logica apparente e a livello locale manca una regia, ma a tentare di far il punto sul tema della smilitarizzazione della regione è Legambiente che, in un’ottica di recupero di quegli spazi - anche in termini turistici -, ha presentato a Gorizia il volume “La Fortezza Fvg: dai paesaggi della guerra fredda alle aree militari dismesse”. «Neppure il Servizio infrastrutture del Ministero della Difesa conosce esattamente il numero dei beni che possiede», ha spiegato Moreno Baccichet nel corso dell’incontro ospitato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia durante il quale ha lanciato un appello: «Le comunità devono pensare a cosa fare con le aree dismesse. Il volume è solo un primo passo. Come Legambiente stiamo facendo una mappa partecipata delle aree chiedendo ai cittadini di segnalarci le strutture presenti sul loro territorio comunale».
«Solo in via Duca d’Aosta ci sono 13 ettari di superfici militari», aveva precedentemente osservato il presidente del circolo Legambiente di Gorizia Luca Cadez. Se da un lato le ex aree militari rappresentano una risorsa in termini di spazi da utilizzare all’interno delle città, dall’altro - come dimostra il caso della caserma Amadio di Cormons – possono diventare un peso per le amministrazioni comunali che, in tempi di ristrettezze economiche, si trovano a dover gestire dei patrimoni immobiliari difficili da riqualificare. Legambiente ha documentato alcune buone pratiche come quella dell’ex polveriera di Lucinico (dove hanno trovato casa gli arcieri dell’associazione “Il Falcone”), ma ha anche presentato gli studi dell’architetto Giovanni Vragnaz secondo i cui calcoli, utilizzando solo le aree delle caserme dismesse del Friuli Venezia Giulia, in regione non servirebbe consumare altro suolo per i prossimi 20 anni. Per fare degli esempi, a livello provinciale, la caserma di Farra potrebbe ospitare 351 persone, mentre sulla superficie della ex Amadio la stima salirebbe a quasi 2.700 persone. Dai bunker alle postazioni della fanteria d’arresto, le vestigia della fuerra fredda potrebbero poi essere utilizzate anche per attirare un certo tipo di turismo. A sostenere il progetto “Fortezza Fvg” è stato il deputato del Partito democratico Giorgio Zanin che in collegamento telefonico da Roma ha detto: «La memoria è una memoria attiva e va messa a frutto. Gli anniversari, come quello della Grande guerra, hanno senso se riescono ad avere una ricaduta sul territorio. Le aree dismesse sono beni comuni al cui interno hanno vissuto generazioni di cittadini italiani. Noi dobbiamo promuovere buone pratiche. Alcune ci sono già, ma molte altre sono da sperimentare».
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