In vendita il veliero dell’ultimo podestà di Trieste

Il ketch “Delfino”, varato nel 1941 a Trieste e restaurato a Monfalcone, cerca un nuovo proprietario. Costa 450mila euro
Il ketch "Delfino" è stato realizzato nei cantieri Oscar Cavagna di Trieste
Il ketch "Delfino" è stato realizzato nei cantieri Oscar Cavagna di Trieste

TRIESTE Sembra appurato che a commissionarlo sia stato Cesare Pagnini ultimo podestà di Trieste sotto il fascismo, anche se una fonte rimanda invece a Emilio Grazioli federale di Trieste e alto commissario per la provincia di Lubiana durante l’occupazione italiana. Fu usato poi da Terence Airey nominato nel 1947 comandante della zona anglo-americana del Territorio Libero di Trieste, incarico che ricoprì sino al 31 maggio 1951 quando passò le consegne al generale Sir Thomas Winterton per essere nominato assistente capo di Stato Maggiore del generale Dwight Eisenhower al quartier generale alleato. L’oggetto in questione è un ketch, un veliero a due alberi di nome Delfino, lungo 46 piedi (poco più di 14 metri) varato nel 1941. Ora riemerge dai misteri della storia e riappare sul web, per la precisione sul sito della Sandeman yacht company, società di brokeraggio del Regno unito specializzata in yacht storici, che lo mette in vendita per 450mila euro. È stato realizzato nei cantieri Oscar Cavagna di Trieste e il suo progetto è attribuito a John Alden, designer statunitense che acquisì fama internazionale con i ripetuti successi ottenuti nelle regate alle isole Bermude con le imbarcazioni che portavano il nome dell’isola locale di Malabar.

Al ritorno dell’Italia a Trieste, Delfino è passato di proprietà dei Magazzini Generali del porto al cui molo era rimasta a lungo ormeggiato. Non risulterebbe invece essere stato la barca di regata dello Yacht club Adriaco negli anni Cinquanta e Sessanta come annota invece il sito di Sandeman. «Viene quindi acquistata all’asta - si legge in “Barcolana classic. Vele d’epoca in Adriatico” - per entrare a far parte di una piccola flotta di imbarcazioni adibite al charter. È una tra le prime barche italiane che, dopo la guerra, tornano a solcare le acque della Dalmazia». Il testo rileva che potrebbe trattarsi di un disegno americano, vicino ad alcuni progetti famosisimi di Alden. «Malabar XII, un ocean cruiser del 1941 ha evidenti somiglianze di dimensioni. Le forme della carena e l’armo sono molto simili come pure la lunga tuga con doghouse».

È stata la famiglia Vargas a recuperarla e a restaurarla, fa rilevare il broker. Si tratterebbe di un’antica famiglia nobiliare spagnola, forse di origine borbonica tanto da essere spesso di stanza a Napoli ed è in Tirreno che Delfino ha stazionato a lungo. Il quinto armatore di Delfino però sarebbe stato il giovane duca Tomas de Vargas Machuca, che nel frattempo sarebbe divenuto cittadino britannico e che l’ha sottoposto a restauri presso il cantiere Alto Adriatico di Monfalcone. Si legge ancora su Barcolana classic: «Ugo Faggioni disegna un nuovo piano delle sistemazioni interne e iniziano i lavori di smantellamento. La ricostruzione, che implica tra l'altro la sostituzione o il raddoppiamento di parecchie costole, procede tuttavia a rilento finché, nel 2004, il completamento del progetto viene affidato al Cantiere Alto Adriatico con la supervisione di Enrico Zacccagni. L'alberatura è rifatta ex novo, così come la coperta, rivestita in teak (quella originale era pitturata); viene portata a termine la ricostruzione degli interni, degli osteriggi e di parte della ferramenta. Si salvano alcuni particolari originali, come la macchina in bronzo del timone con meccanismo a compasso e vite senza fine. Il piano velico è stato disegnato da Federico Lenardon sulla base dei pochi documenti disponibili e tramite il confronto con barche affini. Con la sua velatura frazionata, una buona stabilità di forma, grandi volumi interni, Delfino è tornata ad essere una barca comoda e rispettosa del suo equipaggio». Ora cerca acquirenti, gli esperti dicono che la sua manutenzione costa all’incirca duemila euro al mese.

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