In turno di reperibilità non va in ospedale, chirurgo condannato
GORIZIA Era giunta nella notte al Pronto soccorso dell’ospedale di Gorizia per una torsione intestinale. La 32enne era stata sottoposta all’intervento chirurgico alle 12.20 di quel primo febbraio 2012, le furono prelevati 2,80 metri di intestino tenue. A processo sono finiti i chirurghi Giuseppe Stacul e Franz Cerato. Sul tappeto il ritardo nell’esecuzione dell’operazione causato dal mancato arrivo del medico specialista in servizio di reperibilità, e le conseguenti lesioni patite dalla donna. Giovedì il Collegio giudicante presieduto da Marcello Coppari ha pronunciato la sentenza. Stacul è stato condannato ad un anno per omissione d’atti d’ufficio, ossia per non essersi presentato in ospedale di fronte a una situazione d’urgenza, pur in servizio di reperibilità, nonchè alla sospensione per un anno dai pubblici uffici. Pene entrambe sospese. È stato invece assolto perché il fatto non sussite dal reato di lesioni. Assoluzione per Cerato, accusato di lesioni colpose, perché il fatto non sussiste.
La 32enne era stata presa in carico dal medico del Pronto soccorso Sergio Muiesan, che aveva subito rilevato l’inusuale quadro clinico della paziente contattando Stacul affinché raggiungesse l’ospedale. Erano seguite altre due telefonate. Trascorsa la notte erano intervenuti i passaggi di consegna, Piero Gallo subentrato a Muiesan e la presa in servizio di Cerato. Il chirurgo aveva eseguito anche la Tac per poi procedere con l’intervento,
avvenuto non prima che si liberasse una delle sale operatorie.
Giovedì, durante la discussione finale, il pm Valentina Bossi ha chiesto la sola condanna per Stacul: 2 anni e 6 mesi, pena accessoria dell’interdizione dalla professione. Nessuna responsabilità invece per Cerato, muovendo piuttosto il «rimprovero» di non aver insistito per ottenere la disponibilità di una sala operatoria.
Il pm ha ripercorso tutta la vicenda. Erano trascorse tra le 6 e le 8 ore prima dell’intervento. Muiesan «aveva già diagnosticato un’occlusione intestinale», un caso d’urgenza, ricordando le 3 chiamate al chirurgo. Urgenza condivisa poi da Gallo, che aveva definto il caso «da codice rosso, al limite dell’arresto cardiaco», così come dal chirurgo Cerato. Il pm ha chiarito che la malformazione congenita della donna, come emerso a dibattimento, non aveva alcun rilievo rispetto all’evento che l’aveva colpita.
Resta un fatto: «Stacul non s’era presentato. L’immediata reperibilità è un obbligo di legge», ha sottolineato Bossi richiamandosi a sentenze di Cassazione. Il legale di parte civile, avvocato Annamaria Marin, s’è associata all’esclusiva responsabilità di Stacul. Ha evidenziato le conseguenze patite dalla donna, uno stato di salute «compromesso per tutta la vita». Ha richiesto un risarcimento di 238 mila euro. L’avvocato Sorrentino, difensore di Cerato, ha mosso un appunto circa il rimprovero del pm, «sconfessato non solo da quanto è emerso in dibattimento, ma anche in ordine a quanto certificato nella cartella clinica della paziente».
L’avvocato Cattarini che ha rappresentato Stacul, ha ribaltato la prospettiva mettendo in dubbio le stesse basi del procedimento e la conduzione delle indagini. Ha parlato di «elevato grado di incertezza» nello stabilire «quando» si sono aggravate le condizioni della donna, ricordando inoltre proprio la «rara patologia congenita». Quanto alla reperibilità del medico ha battuto: «Tutto è stato concentrato sulla testimonianza di Muiesan, sul quale s’è costruita l’accusa. Eppure per tutta la notte la gravità della signora per come comunicatagli non era affatto emersa». Ha posto l’incongruenza: «Una cosa è quanto ha dichiarato il teste Muiesan, altro è quanto ha certificato».—
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