In spiaggia al Pedocin con velo e abiti lunghi
TRIESTE Fa caldo e come ogni giorno lì si cammina tra seni al vento e bikini. Ora però è comparso anche qualche burkini, il costume usato da alcune donne di religione musulmana, che copre quasi completamente il corpo, lasciando visibili solo viso, mani e piedi. In quel rutilante angolo di mare nel centro cittadino, al bagno Lanterna di Trieste, che ancora divide la parte degli uomini da quella delle donne, tra il vociare in dialetto triestino, se si presta bene attenzione e si tende l'orecchio, un po' di arabo lo si sente e si respira il profumo di Tunisia e Marocco e di chissà quali altri Paesi del Vicino e Medio Oriente. Il Ramadan è terminato ormai da un mese e le donne musulmane sono tornate al mare, perché «dopo un lungo periodo senza acqua - spiega infatti una ragazza tunisina - le alte temperature non le reggiamo».
Gli occhi indiscreti scrutano e giudicano da lontano, ma con grande decisione il burkini fa lo stesso il suo ingresso anche a Trieste. «Veniamo qui per essere più tranquille, magari altrove i maschi ti fissano di più, non che qui la gente non fissi...». Una ragazza marocchina musulmana, 24enne, ormai cittadina italiana, prende tranquillamente il sole con il suo costume nero intero ma scollato sulla spiaggia del cosiddetto "Pedocin". Vicino alla ragazza, sua sorella, venuta a trovarla dall'Olanda, porta il burkini, fatto di un tessuto tecnico adatto per andare in acqua: hijab, pantaloni e scarpette in plastica grigi e maglia rosa. È stata in ammollo un'oretta in quel pezzo di Adriatico. Bikini contro burkini, che fomenta invece polemiche in Costa Azzurra e da qualche giorno anche in Corsica.
«Mia sorella - spiega la ragazza -, è praticante, invece io sono religiosa, ma pratico per quello che posso». Per questo la prima porta un costume diverso. Ma non è l'unica a fare il bagno nel segno del suo credo, tralasciando tutti quegli occhi puntati addosso, che l'hanno fissata da quando si è immersa nell'acqua fino al momento in cui è tornata a stendersi sul proprio asciugamano. Nella parte sinistra dello stabilimento altre ragazze tunisine si rilassano all'ombra con i propri figli. L'unica cosa che le differenzia è il colore olivastro della pelle e l'hijab. Solo una ha voluto fare il bagno, con leggins e canotta neri. «Sono una ventina quest'estate le ragazze musulmane che vengono a fare il bagno qui», racconta il personale dello stabilimento. «L'anno scorso erano molto di più», specificano tre signore triestine mentre giocano a carte.
«Il velo te lo metti quando te lo senti tu - spiega la ragazza marocchina, con un accento molto triestino -. Decidi di mostrare la tua bellezza solo a tuo marito. Il velo non è una cosa brutta, intanto non fai peccare gli altri uomini quando ti guardano e tuo marito sa che sei sua. Non è un obbligo, sono solo dicerie». Se spesso lo stereotipo dilaga, oppure si sente affermare che in alcuni Paesi il velo per le donne è obbligatorio, o che sono gli uomini stessi a imporlo, al Pedocin si ascolta un'altra realtà, fatta - dicono queste giovani - di libertà di scelta. «Sei tu che devi spiegare che qualsiasi religione non è fatta per fare del male, ma è l'uomo che sbaglia, e che tutto ha un significato e sono altre persone che lo interpretano male, però non devono dire che è in nome di Dio, ma in nome proprio - ci tiene a sottolineare la 24enne marocchina -. La gente però è anche stupida perché non s'informa».
Lei ha tolto il velo proprio perché non trovava lavoro, «mandavo curriculum in giro, ma nessuno mi rispondeva, ero vista come la peste». «Penso che gli ultimi fatti dell'Isis abbiano ancora di più influenzato l'opinione pubblica», commenta un'altra ragazza, tunisina, 35 anni, da sei anni a Trieste. Lei ha messo il velo due anni fa, sempre senza costrizioni. Prima di sentire questa “vocazione” andava vestita come «un'occidentale, venivo con il costume come voi» afferma. Ora, in riva al mare con la sua bimba, per cui viene qui, rimane a riva con abiti e hijab, perché «quando sono andata in acqua vestita, tutti mi guardavano, mi dà fastidio», racconta. «Peccato - dice - se il muro del Pedocin fosse un po' più lungo, potrei stare anch'io in costume normale, perché gli uomini non ci vedrebbero». «Per me non è una cosa strana: se tu vuoi andare al mare nuda, non c'è nulla di male, allora perché - si chiede la ragazza tunisina -, se io metto il velo, devono guardarmi e anche sparlare?».
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