In Slovenia pochi i sanitari in vista della terza ondata

LUBIANA. La Slovenia teme una terza ondata di contagi. Lo si era capito dalle prime dichiarazioni del 2021 sul tema Covid-19 da parte del premier Janez Janša e del portavoce del governo Jelko Kacin. Adesso è entrato in azione anche il sistema sanitario nazionale che deve però fare i conti con un pesante vulnus: sebbene gli operatori (medici e infermieri) siano protetti con attrezzature adeguate, da 600 a 700 di loro vengono contagiati dal coronavirus ogni settimana.
Questo, ovviamente, rappresenta un problema nel problema. Ne ha parlato ieri anche il direttore dell’Istituto nazionale di sanità pubblica (Nijz), Milan Krek, durante la sua visita all'ospedale di Isola. «Siamo a corto di personale medico - ha detto - quindi siamo preoccupati perché in queste condizioni sarà molto difficile offrire aiuto a tutti in caso di una terza ondata di epidemia».
Krek vede l'implementazione di test rapidi come un importante passo avanti. Con essi, si vuole rilevare il maggior numero possibile di persone infette asintomatiche e isolarle. Un'altra cosa importante, ovviamente, è la vaccinazione. «Nelle prossime settimane - ha spiegato il direttore del Nijz - riceveremo gradualmente 16.000 dosi di vaccino ogni settimana, e incrementeremo l’azione di vaccinazione della popolazione». L’Istituto nazionale della sanità pubblica mira a vaccinare almeno 1,2 milioni di persone come confermato dal suo direttore. «In questo modo - ha precisato ancora Krek - si otterrebbe un livello di protezione che ci consentirebbe di sopravvivere molto più facilmente in autunno».
E se da ieri è tornato il divieto di spostarsi dal proprio comune di residenza, in Slovenia il governo ha varato dei ritocchi ai divieti di transito ai confini nazionali. Ci sono cinque nuove eccezioni per l'ingresso senza quarantena o un test da tampone negativo: i bambini di età inferiore ai 13 anni che viaggiano con un familiare stretto che non è in quarantena o non ha l’ingresso negato. Alcuni atleti e operatori sportivi a livello professionistico o comunque all’eccellenza nelle rispettive specialità. I membri dei servizi di emergenza che forniscono trasporto umanitario o forniscono assistenza per risolvere ed eliminare le conseguenze degli incidenti.
Sempre a proposito di confini ricordiamo che da ieri chi vuole entrare in Slovenia alla frontiera esterna dell’area Schengen all'arrivo da uno stato epidemiologicamente definito “rosso”, senza presentare un tampone negativo, o se non rientra tra le eccezioni previste dalla legge, può entrare nel Paese solo ai valichi di frontiera dove sono previste le condizioni per test rapidi. E questi, per ora, sono alcuni valichi con la Croazia e l’aeroporto internazionale “Jože Pučnik” di Lubiana.
E qui ieri si è aperto un “giallo”. Un ascoltatore di Tv Slovenija ha informato la redazione che dei test rapidi dell’antigene all’aeroscalo non c’era traccia. Il riscontro ha confermato quanto asserito dall’ascoltatore. In effetti ieri allo “Jože Pučnik” di test rapidi nemmeno l’ombra e soprattutto nessuno ne sapeva nulla, a quanto pare neppure Fraport che gestisce l’aeroporto di Lubiana e che non ha risposto alle richieste di delucidazione da parte della Tv pubblica. I (pochi) passeggeri possono ancora pagare di tasca proprio il classico tampone che va però prenotato in anticipo. Il costo è di 110 euro con un’attesa che varia dalle 4 alle 6 ore per i risultati. Ma alle 14 i test dell’antigene sono “miracolosamente” spuntati a uso dei primi passeggeri sbarcati da un volo.
In Croazia (255 nuovi contagi su 1.740 tamponi (14,6% l’indice di positività e 55 morti) le operazioni di vaccinazione sono state agevolate per le popolazioni colpite dal terremoto. A Petrinja, che è stata la più colpita dal sisma invece delle 900 dosi di vaccino annunciate inizialmente, sono arrivate 1.500. Il ministro della Salute Vili Beroš si è detto consapevole che non tutti si sarebbero vaccinati, ma ha invitato quante più persone possibile a farlo. —
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